Violenza
Abbiamo detto che un punto ha bisogno degli stimoli esterni per potersi muovere ma anche che esso fa di tutto per proteggersi da questi. Se il punto si difende come fa uno stimolo a stimolarlo?
Il film su cui ci appoggiamo è The Whale, l'ultimo capolavoro di Darren Aronofskij, dove un padre single e obeso affronta gli ultimi giorni della sua triste vita cercando di legare con la figlia. Nello specifico ci interessa il personaggio di Ellie (la figlia) e il suo arco narrativo.
Ellie è una ragazzina complicata, il padre l'ha abbandonata quando era piccola e da allora non l'aveva più rivisto: si presenta a casa sua un giorno, dopo che è stata sospesa da scuola per dei post contro una compagna, e Charlie si offre di scriverle i temi e di lasciarle tutti i soldi che ha in banca, in cambio le chiede di scrivere qualcosa per lui su di un quaderno:
La casa puzza
Il quaderno è da idioti
Io odio tutti
E' una ragazzina sprezzante, odiosa, aggressiva; la madre dice addirittura che è cattiva, ma in fondo è solo arrabbiata.
Sviamo per un secondo dal film e ridirezioniamo la nostra attenzione sul punto. Abbiamo detto che esso si trova immerso in un mondo esterno ricco di stimoli da cui tenta di difendersi. Più gli stimoli esterni sono aggressivi più esso tenderà ad irrigidirsi, chiudersi ed isolarsi. Al contrario, un punto rigido che matura sviluppa una più ampia capacità di percezione: da chiuso tende ad aprirsi.
Abbiamo detto che ci sono infiniti punti, ognuno con la propria forma ed il proprio suono, perciò può esserci un punto che nasce rigido, uno che lo diventa e uno che rimane per sempre tale. La rigidità ha diverse sfumature e diverse applicazioni.
Un punto tende ad irrigidirsi per evitare che gli stimoli esterni lo feriscano, ma in questo modo come fa uno stimolo esterno a spingerlo al movimento? Se un punto ha uno strato protettivo molto spesso servirà uno stimolo molto forte... C'è il rischio quindi che o il movimento non sia abbastanza forte per stimolarlo o che sia troppo forte e lo distrugga.
Il movimento, avevamo detto, è già di per sé la distruzione di un limite. Se io sono un punto ed incontro te (punto), per stimolarti devo muovermi verso di te, quindi devo rompere il mio limite per uscire da me, e impattare contro la tua superficie sensibile (rivestita da un guscio protettivo più o meno spesso). Distruggere il mio limite per muovermi! La distruzione è per antonomasia un atto violento. Voi direste mai che una bimba che si muove è violenta? Anche quando magari lancia i giochi, strappa i fiori o tira i capelli della mamma?
La violenza cessa quindi di essere a priori violenta, diciamo anzi con assoluta fermezza che la violenza è l'origine del mondo visibile. Mi spiego meglio: abbiamo detto che il punto deve muoversi per diventare una linea e che in origine il punto è l'essenza e la linea l'apparenza: l'essenza vuole comunicarsi e perciò deve muoversi, quindi si distrugge. Ne deriva che tutto ciò che possiamo vedere è frutto della violenza, le cose belle e le cose brutte, perciò la violenza originaria, che chiameremo per ora ur-violenza, quella che consente l'im-mediatezza della manifestazione, è neutra: né positiva né negativa.
Esistono infiniti punti, ognuno fatto a suo modo, quindi se per un punto, in un preciso punto della sua vita, può bastare un bacio per stimolarlo al movimento o alla maturazione, ci sarà anche un punto a cui servirà uno schiaffo, e uno a cui ne serviranno tanti... E qualcuno per cui nemmeno quelli funzioneranno.
Ogni punto ha il suo scudo protettivo, che chiameremo per ora limite difensivo, esso può essere più o meno rigido, più è rigido più il punto è contenuto in se stesso e meno è aperto agli stimoli esterni. Per un punto molto rigido serve uno stimolo molto forte per far si che la superficie sensibile lo percepisca e reagisca, mentre per un punto meno rigido basterà uno stimolo lieve. Il problema sorge qua, il rischio nel muoversi ciecamente è di esercitare troppa forza su un punto poco rigido e di distruggerlo. Il primo passo quindi è essere sensibili, se i miei sensi sono funzionanti io posso capire quanto è robusto un punto.
Ma le cose vanno ulteriormente complicate perché, oltre allo spessore e alla robustezza della sagoma, c'è lo spessore emotivo; chiariamo bene le due definizioni e le loro differenze: entrambe possono essere indicate sotto la parola sensibilità, la prima riguarda ciò che i sensi possono percepire e sopportare, la chiameremo limite fisico; la seconda riguarda la sensibilità emotiva e si muove su una retta che va dal menefreghismo (massimo dell'autodifesa) all'ipersensibilità emotiva acritica (minimo della difesa), come ben sappiamo entrambi i poli sono negativi, nel centro c'è l'essere coscienti della propria sensibilità; chiameremo questo, per ora, limite passionale. In oltre si aggiunge la possibile tendenza a tenere lontani gli stimoli, evitarli, fuggire da essi, che abbiamo già identificato come limite d'angoscia. Tutti e tre rispondono alla categoria di limite difensivo.
Ora si rende indispensabile una ricatalogazione dei limiti visti fin ora:
limite fisico, limite passionale e limite d'angoscia, sono limiti difensivi, che difendono il corpo dagli stimoli esterni (ed interni); limite fisico, limite etico e limite esterno giuridico-morale, sono limiti contenitivi, che contengono il corpo nel suo movimento; limite spaziale e limite meccanico, sono limiti immanenti (non so se è la parola più adeguata), dati a priori e infrangibili (ma eludibili). Escludiamo i limiti del profondo da questa nuova catalogazione perché per inserirli servirebbe una più approfondita indagine psicologica del corpo, ci basti dire che questi influenzano o determinano tutti gli altri limiti.
Perciò, per stimolare volontariamente un punto devo essere abbastanza sensibile per percepire la sua sensibilità, il suo limite difensivo, e adattare il mio movimento ad essa.
Qualche ulteriore chiarimento sulla sensibilità: ora mi è chiara la sua natura duplice, ci sono due accezioni della sensibilità, una "attiva" e una "passiva". In quella attiva parliamo di un corpo che compie un movimento, in quella passiva di un corpo che subisce un movimento. La sensibilità in accezione passiva è divisa in due momenti: uno fisico e uno emotivo come abbiamo visto più sopra. Mentre la sensibilità in accezione attiva è divisa in questi due momenti: percepire l'altro e rispettarlo. Io percepisco la tua sensibilità o il tuo limite e poi scelgo se rispettarlo.
Facciamo ora degli esempi per fare chiarezza e puntualizzare qualche altra cosa ancora.
Il più banale è quello del movimento della mano: il movimento è di per se neutro, ma diviene delicato se carezzo il viso dell'altro o violento se lo schiaffeggio. Se schiaffeggio una persona sto sì eseguendo un atto violento ma questo potrebbe essere educativo e costruttivo tanto quanto irrispettoso e distruttivo. Percepiamo ora i tre livelli del movimento: l'atto neutro del movimento verso l'altro (manifestazione), la violenza o delicatezza del contatto con esso (mezzo) e il risvolto costruttivo o distruttivo del gesto (fine).
a| Ur-violenza ---> b| Violenza o Delicatezza ---> c| Costruzione, Distruzione o Mancata percezione
Dove "a" è l'archetipo originario del mondo visibile, "b" è determinato dalla sensibilità del soggetto e da quella dell'oggetto (coscientemente o no il soggetto sceglie sempre se essere violento o delicato), e "c" è un giudizio postumo di ciò che il gesto ha generato.
Sul punto "a" abbiamo già detto molto, di "b" mi preme specificare che è sempre oggettivo, una sberla è sempre violenta a prescindere da cosa diviene in "c". Del punto "c" ci basti dire che il giudizio è un'attività tutta umana, di cui l'uomo non può fare a meno, e che "c" è l'unico punto nel quale il movimento può essere giudicato. A priori c'è la premessa che a prescindere dalla delicatezza o violenza del movimento, esso può anche non stimolare il punto: in tal caso il gesto sarà o distruttivo o non percepito.
Concludo dicendo che Ellie, nonostante il caratteraccio formato da tutta la rabbia che ha accumulato, con un gesto violento costruisce un futuro per il povero missionario della "new life". E Charlie, all'opposto, riesce a stimolare Ellie al movimento con l'affetto, la gentilezza e i sentimenti.
Non sempre ciò che appare violento è distruttivo e non sempre ciò che appare delicato è costruttivo, per questo il giudizio, intrinseco all'animo umano, necessita di una profonda comprensione della situazione.