Questo mese si parla di “Unheimlich”, il perturbante, la sensazione di angoscia che scaturisce quando qualcosa è familiare ed estraneo allo stesso tempo.
Negli anni ’70 ci fu uno studio sulla “Uncanny Valley”, la curva che si forma nel grafico di apprezzamento degli automi. Si notò che più un robot assomigliava ad un essere umano, più creava disagio, per poi tornare a essere apprezzato quando ormai era indistinguibile da un uomo. Questa sensazione sgradevole è proprio l’Unheimlich, poiché un automa molto somigliante a noi ci è familiare, ma allo stesso tempo ha comportamenti ed espressioni completamente estranei a noi.
Laura, la protagonista di “Under the Skin”, è la rappresentazione vivente del perturbante. Fin dalle prime scene si capisce che non è una persona normale – dopotutto, ha letteralmente indossato i vestiti rubati ad una donna morta.
Poi, alla guida di un furgone, comincia ad adescare uomini sfruttando il suo incredibile fascino, fallendo però nei primi tentativi. In questo momento sembra comunque “normale”, per quanto normale possa essere una predatrice sessuale. Una volta conquistati questi uomini, li porta in casa sua, che si rivela essere un ambiente surreale completamente nero dove i poveri malcapitati finiscono in una vasca di liquido nero. Capiamo quindi che Laura non è umana ed è una sorta di strega o aliena che cattura le persone per un qualche motivo: assomiglia a noi, ma è diversa, familiare ed estranea allo stesso tempo.
Una scena in particolare però segna la netta distinzione tra noi e lei: assiste all’annegamento di una coppia e del loro cane, vede il nuotatore che ha tentato di salvarli svenuto sulla spiaggia, nota il bambino piccolo abbandonato davanti al mare in tempesta… e non fa nulla, nemmeno una smorfia. Colpisce il nuotatore alla testa con un sasso e porta via il corpo, lasciando solo il bambino in lacrime. È riuscita a completare la sua missione e questo le basta.
Qui il perturbante arriva a livelli indescrivibili, grazie anche al sonoro perfettamente studiato. Il rumore assordante delle onde tempestose, il pianto straziante del bambino e una musica stridula. Da spettatore mi sono sentito stretto dall’angoscia.