FARE ARTE NELL'ARTE: Il multiverso delle meraviglie

30.10.2023

 L'aggettivo Burtiano viene usato oggi per indicare un preciso type estetico.


Tim Burton, da poco premiato alla carriera dalla Mole di Torino, è un regista che ci ha regalato un enorme quantità di film horror, che si ibridano tra commedia e fantasy e danno vita ad un estetica Burtiana molto amata ed acclamata, di cui l'espressionismo tedesco sembra esserne il maestro. 



Dei tanti capolavori della sua opera tratteremo qui di Alice in Wonderland. Quest'ultimo, un riadattamento Disney del celebre film animato Alice nel paese delle meraviglie, del 1951, tratto dal libro Adventures in Wonderland, di Lewis Carroll. E useremo queste tre opere per riflettere su come nell'arte spesso le cose tornano, si collegano, si citano.

Ricordo a tutti che il mondo di Tim Burton è in mostra a Torino al museo del cinema fino al 07/04/2024.

I due film su cui discuteremo sono disponibili entrambi su Disney+. 

Per le opere citate e gli argomenti tratti al fondo consiglio un approfondimento sul surrealismo.

Prima di perderci come Alice nella testa di Tim, apriamo una parentesi sulla prima versione cinematografica:

ALICE NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE, 1951

Nella prima versione diretta da Clyde Geronimi, Hamilton Luske e Wilfred Jackson, Alice è una giovane ragazza che si annoia nell'ascoltare la lezione di storia della madre, e che ritiene molto più interessante seguire un bianco coniglio col panciotto fin dentro la sua tana. Questo capolavoro Disney che ha più di 70 anni sembra non invecchiare mai, mentre più invecchia lo spettatore più ne coglie i sublimi dettagli nascosti. Esulando dal valore educativo e didattico che può avere per un bimbo, ritengo che questo sia un film di gran qualità che vale la pena di recuperarsi a qualunque età e in qualunque occasione, io personalmente mi sono sbellicato dalle risate rivedendolo.

Il film comincia con una prolessi: Alice: << Come si fa ad appassionarsi ad un libro in cui non c'è nessuna figura>>, Mamma: <<ci sono tanti libri interessanti senza figure a questo mondo>>, Alice: <<a questo mondo forse, ma nel mio mondo i libri sarebbero fatti solo di figure>>. la prolessi è un anticipazione che diventa tale solo nel momento in cui poi l'evento succede realmente. Qui Alice parla di un suo mondo, e questo successivamente compare.

Mentre la madre le tiene una lezione di storia, la giovane Alice crolla in un sogno strampalato che la porterà a spasso per l'incomprensibile paese delle meraviglie, dove conoscerà tanti buffi personaggi: animali e piante parlanti, strani ibridi viventi, il tempo che non funziona e una gran fretta di non fare tardi.  Un'altra prolessi, diciamo impropria, la troviamo invece circa a metà film quando, completamente sconcertata da ciò che le accade attorno Alice esclama: <<se tornerò a casa scriverò un libro su questo mondo>>, possiamo in un certo senso dire che Carroll si identifica o perlomeno va ad impersonare Alice, e da questo possiamo allora interpretare i buffi componenti del sogno come elementi della psiche di Carroll. 

A prescindere dal risveglio finale di Alice, sono molti gli elementi che ci indicano che tutto si svolge in una dimensione onirica: per prima cosa l'entrata nel paese delle meraviglie che avviene attraverso un tunnel stretto, che la porta all'interno della terra, facilmente interpretabile e chiaramente un elemento classico del sogno. Un altro chiaro riferimento sono, per esempio, gli oggetti nella stanza che precede l'ingresso, che compaiono solo all'occorrenza e solo dopo averli pensati. Inoltre, i pochi elementi che anticipano il sonno di Alice ritornano mascherati e preponderanti durante tutto il viaggio successivo, per citarne uno: la madre che parla di re e regine e che richiama Alice con tono austero, torna nei panni della regina rossa che le chiede ogni volta di fare l'inchino e chiamarla Maestade, che caso vuole nella traduzione italiana porti la stessa radice di mamma e maestra.

illustrazione di John Tenniel
illustrazione di John Tenniel

Particolare attenzione vorrei rivolgerla al personaggio del Brucaliffo, un bruco blu, il colore per eccellenza della poesia e dell'arte, che fuma pensieroso nella foresta.  Esso è, come dice il nome, un califfo orientale che si fonde nella figura del bruco, ossia un insetto olometabolo prossimo alla metamorfosi. Procediamo per gradi: innanzitutto la metamorfosi, letteralmente coprirsi per spogliarsi di un corpo ed uscirne con un altro. La delicatezza e la bellezza della farfalla la rendono l'opera d'arte totale del bruco, l'esempio perfetto dell'uomo che lavora su se stesso fino ad "evolversi", che fa della sua vita la sua arte.                             Il Brucaliffo è Inoltre orientale, la storia ci insegna che l'europeo è sempre stato affascinato dall'oriente, l'arte e la conoscenza derivano necessariamente da un incontro con l'alterità, che si incarna spesso, nella storia dell'arte e della letteratura, nell'oriente, inteso come l'esotico, il diverso. L'alterità consente la dialettica, solo nell'altro possono germogliare le nostre idee: l'arte fine a se stessa è puro solipsismo e cessa così d'essere arte.  

Per ultimo notiamo come il Brucaliffo dal suo calumet sbuffi lettere e simboli, grafemi che rendono meglio comprensibili le sue frasi semplici e ricche di accento. Il saggio è quindi una persona che comunica in modo efficace nonostante le barriere che si possono presentare, è in un certo senso custode del sapere se dal suo narghilè escono le lettere. E lui dall'alto della sua conoscenza ha solo una semplice domanda da porre: "Chi sei tu?". Questo è emblema di quanto per Carroll fosse importante la riflessione interiore, lo scavo psicologico, nonostante la psicanalisi in se non fosse ancora germogliata



ALICE IN WONDERLAND, di Tim Burton

Un facoltoso Lord chiede la mano di Alice, lei, impietrita, si lascia distrarre da un coniglio bianco col panciotto, lo insegue e si ritrova in un mondo bizzarro dove si perderà alla ricerca di una semplice risposta: è lei l'Alice giusta?                                                                                                                          Qui Tim Burton struttura la storia come un ritorno di Alice, andando a succedere al primo film incastrando citazioni e riferimenti e producendo così un tunnel meta artistico dal gusto sottile.             Per esempio: il Brucaliffo non chiede più: "Chi sei tu?" ma "Sei tu l'alice giusta?". Questo ci porta a considerare temi come la verità artistica a dispetto del fake; e un altro grosso tema: l'attesa del ritorno del salvatore. Inoltre, tutto quello che Alice vive è già scritto nel Compendio, una pergamena che racconta la storia di sottomondo, interamente fatta di figure. E' facile ora interpretare quella che abbiamo definito la prolessi d'apertura del primo film, che parlava di un libro solo di figure che viene qui citata, inoltre la stessa citava Lewis Carroll e il suo romanzo illustrato da John Tenniel. 


I personaggi sono nati dalla mente della prima Alice e sono cresciuti in sua assenza, ora hanno una storia, un vissuto colmato dalla mancanza, e per questo assumono un tono cupo e malinconico. Prendiamo in esempio il cappellaio, esso si divide tra un gioioso e spensierato uomo ed un rabbioso e spaventoso mostro, e a far oscillare la bilancia è la memoria, in assenza di essa è felice, in sua presenza arriva la malinconia al quale segue la furia, e la perdita del controllo.

Il film prende una declinazione adatta ad un pubblico più maturo rispetto alla versione animata del 51' unendo l'estetica e il gusto Burtiano, al geniale lavoro di Carroll, in un prodotto finale che non snatura l'originale versione scritta del 1865. 


 L'inseparabile coppia Johnny Depp-Elena Bonham-Carter colpisce ancora con due performance di carattere che vedono lei nei panni della malefica Regina Rossa e lui dell'inimitabile Cappellaio Matto. Forse l'unico appunto che si potrebbe muovere è che nel passaggio alla versione di Burton si perde un po' la metafora onirica che pervadeva per intero la prima versione e la versione scritta, a vantaggio però di una più intrigante ed avvincente forma romanzesca.   

Il fenomeno Alice

Sia prima, che dopo l'uscita di Alice in wonderland, sono molti i film di Tim che hanno una Alice. La sposa cadavere per esempio che, rapita dall'amore, si perde in un mondo che non è suo, come Alice. Nonostante sia morta i suoi toni cromatici sono bianchi, richiamando i capelli biondi di Alice, ed è Victor ad essere vestito di nero. Il bianco e il nero riportano anche qui, come in Alice in Wonderland, il tema del matrimonio.                                                                                                                                                                 In Edward mani di forbice troviamo i ruoli invertiti: è la Alice in questo caso a trovare un essere che si è perso in un mondo che non è suo.                                                                                                                         In Dark Shadows, Suset, che trasla come figura nel personaggio di Victoria -torna il tema del doppio, e compare quello dell'ectoplasma-, è un Alice che non riesce ad andare nell' "altro mondo" essendo vincolata, come fantasma, a quella vita.

Ora, date le premesse, sembrerà logico dire che il peso che quel romanzo ha esercitato nel mondo dell'arte, è notevole. Andiamo a vedere una più ampia gamma di realtà artistiche influenzate da Alice: il mondo Surrealista.



MAX ERNST

L'immaginario di Carroll sarà di grande ispirazione per Max Ernst, ruota motrice di correnti quali Dadaismo e Surrealismo, che grazie all'invenzione di tecniche come frottage, grattage e altre.. spinge l'occhio umano oltre la superficie del visibile. Questi sono gli anni della meraviglia dell'onirico, Max come Carroll è affascinato dalle possibilità che la psicanalisi ha aperto all'arte, nuove vie e nuovi modi di vedere.

Max in questo periodo si dedica all'illustrazione collaborando con artisti come Paul Eluard e Robert Desnos. Inventa racconti fino a pubblicare tre interi romanzi collage, fatti solo di figure. Di cui in una seman de bonte lavora proprio sui temi e le scene del mondo Carroliano, caricandoli di significati più articolati del "semplice" mondo onirico.  Un altro esempio dell'influenza di Lewis sull'opera di Ernst sono i dipinti nel quale la compagna Leonora Carringhton, veniva rappresentata come alice, realizzati durante e dopo il primo internamento di Max.

Vorrei cogliere qui l'occasione per ritrattare alcuni personaggi della versione animata del 51' in chiave ernstiana.


Il doppio: citiamo prima pinco-panco e panco-pinco¹ due gemelli che restano in bilico tra l'umano e la caricatura. Nel film assumono la funzione di narratori di storie, costruendo, ancora una volta, e non mi stancherò di dirlo, un tunnel meta-letterario, una storia dentro la storia, che ci pone nella posizione di riflettere sulla funzione e sull'entità della storia stessa. Anche qui notiamo la funzione delle parole: i gemelli si chiudono le frasi a vicenda, si completano e si fondono in una frase sola.

Nel film di Burton invece il doppio si presenta in due differenti forme sempre pinco-panco e panco-pinco che rappresentano i gemelli, e, questa volta, anche le due regine che incarnano l'opposto². La regina rossa il male, quella bianca il bene, loro eternamente legate dalla loro parentela sono destinate a coesistere senza mai comprendersi, senza mai convivere. Ottimo spunto di riflessione può essere la foto 3 dove le due regine dialogano con la regina Alice. Arriva un terzo elemento che funge da mediatore, si pone come medio tra i due poli antitetici e rende possibile il confronto. 

La figura del doppio per Max è come un incubo ricorrente, il doppio ricorda l'ambivalenza, l'opposto, il sosia. Ricordiamo quadri come Oiseaux, poisson-serpent, 1921-1922 ⁴; Castor et Pollution, 1923 ; Les Hommes ne le sauront jamais⁶; pietà ou La révolution la nuit, 1923; e tanti altri. In questi quadri il tema del doppio assume forme e significati differenti, una volta richiama l'amicizia che si incastra con l'amore e la tendenza bisessuale di Max, altre volte richiama il padre, e i suoi padri artistici; ma sempre l'elemento del doppio richiama un terzo elemento a volte nascosto, a volte appena visibile che diventa il terzo in comodo, oppure il dettaglio che completa la coppia, quasi in una coppia -di tre elementi- più perfetta. E sicuramente si noterà come il tema del doppio si lega inevitabilmente al tema dell'uccello.

L'uccello: il capitano Libeccio svolge qui perfettamente la funzione esemplificativa. Lui è un capitano, una figura autorevole a cui ordini tutti obbediscono anche quando questi sembrano essere chiaramente alogici. (ci tengo ad evidenziarlo come uno dei miei personaggi preferiti, la scena della maratonda e la scena con Biagio lo spazzacamino sono due chicche sensazionali).                                                                                                               Un uccello che assume sembianze umane, o uomo che assume sembianze d'un uccello è tema ricorrente, anzi, l'uccello sarà proprio il soggetto predominante nell'opera di Max. Da piccolo nello stesso momento in cui muore il cacatua Hornebom, il padre entra nella sua stanza annunciando la nascita della sorellina, questo evento lo tormenterà tanto da occupare costantemente i suoi disegni, e nasconderà le persone sue care dietro disegni di volatili, e dedicherà agli uccelli un monumento, e farà di Loplop⁸ il suo alter-ego.         

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È forse inutile notare la metafora sessuale intrinseca nella figura dell'uccello, ma è importante anche cogliere cosa significa l'uccello per Max, ossia la vita che lascia un essere ed entra in un altro, come se tutti nella vita precedente fossimo degli uccelli che, ora, chiusi in questa forma umana, sogniamo invano di poter volare.  E Max si identifica nell'uccello come se fosse lui stesso una figura a metà, in bilico tra la vita e la morte, tanto da doversi completare con Paul Eluard nella figura dell'uccello bicefalo⁴, coronato -questo dipinto come altri- da dettagli terzi che richiamano Gala la compagna, prima di Paul, poi di entrambi.


Le Surréalisme

Salvador Dalì, noto artista catalano, punta d'oro dell'iceberg del Surrealismo, lavora a 12 litografie per un inedita edizione di Alice's Adventures in Wonderland. 

Rene Magritte dedicherà a Carroll un altare tutto suo⁹.

Ernst infine realizza una serie di litografie per una raccolta di testi dell'opera di Carroll, dando vita al Lewis Carroll Wunderhorn¹⁰.



di Ruben Carminati