the Neon Demon

18.03.2024

Beauty isn't everything, it's the only thing

Jessie una ragazzina di sedici anni dotata di una straordinaria bellezza è appena arrivata ad LA con la speranza di lavorare come modella. Neanche un giorno e già scoprirà un mondo competitivo dove regnano la gelosia e il rancore.

Il film si apre su Jessie in posa per un set fotografico che simula una scena del delitto: il collo insanguinato, gli occhi vuoti e l'espressione persa la rendono una morta perfetta e così anche una modella perfetta. E' fredda e illeggibile e come tutti i protagonisti di Refn ha qualcosa di spaventoso, dallo sguardo sembra quasi aliena, falsa, un manichino.

Conosce Ruby una truccatrice che si mostra subito gentile e premurosa. Vanno in un locale, incontrano altre due modelle, bionde, magre e altissime. Discutono nel bagno sui nomi dei rossetti: tu sei cibo o sesso? Ma la vera domanda è: "who you fucking?"

Un agente le offre un contratto e le chiede di mentire sulla sua età, la cosa la mette a disagio. Nuovo set fotografico, viene fatta sgomberare la stanza e le viene intimato di spogliarsi. 

Il soggiorno ad LA si fa complicato: un ospite inatteso, un gestore del motel spaventoso e un amore malsano la fanno fuggire a casa di Ruby dove le cose non migliorano affatto.

Il film si articola su un preciso paradigma: l'alternanza tra buio e colori, tra silenzio e musica. Al buio si contrappone la luce, che colora il nero di fasci neon; il silenzio si intervalla con questa soundtrack dal solito gusto di Refn, molti synth anni 70/80, cassa dritta e buio colorato. I discorsi sono pochi, come suo solito; si potrebbero definire i suoi: film silenziosi. I personaggi parlano a stento e quando parlano sembrano quasi sporcare la sequenza, come se non fossero necessarie le parole in questo capolavoro visivo che non spicca: forse perché resta fino alla fine molto enigmatico, quasi indecifrabile.


VALUTAZIONE: ★★★★★★★★☆☆

Un bel film a mio parere, mi piace Refn, questo non è il suo lavoro migliore però va a lavorare su delle tematiche davvero interessanti. Più che un opera per il pubblico mi sembra un opera per se stesso, auto-masturbazione dell'ego: come se volesse e dovesse dimostrare che è un artista, con questa autorialità molto pronunciata, e gradita, e quest'ossessione del controllo che non lascia spazio nemmeno alla voce dei personaggi.

Gli argomenti e le argomentazioni trattati nel paragrafo successivo sono per la maggior parte presi da La moda fra senso e cambiamento, spesso riportati letteralmente (per questioni economiche non perché non sia in grado di esporre questi temi con parole mie) in corsivo nel testo.

"come ci si sente? di cosa parli? ad entrare in una stanza in cui è pieno inverno ed essere il sole? è tutto."



LA BELLEZZA

Introduzione

La bellezza è quello spietato metro sociale che condiziona le nostre vite, le nostre possibilità, i nostri percorsi. Si basa su un canone non scritto che varia in base al nostro luogo e al nostro tempo di appartenenza; esso ci giudica e ci classifica costantemente. 

La bellezza è questione di attimi, il tempo la porta via sempre più velocemente di quanto si vorrebbe, pensiamo ad una rosa: oggi stupenda domani appassita. C'è qualcosa di affascinante in entrambi i lati della medaglia ma quando si tratta della propria bellezza si tende ad estenderla il più a lungo possibile, ritardando l'appassimento. Solo ciò che è inanimato resiste meglio alla prova del tempo e la sua resistenza è comunque condizionata: innanzi tutto dal materiale di cui è fatto, il marmo è più longevo del lino, per questo ad oggi abbiamo più statue dell'antichità piuttosto che indumenti. In secondo luogo l'utilizzo che se ne è fatto, i vestiti che usiamo più spesso sono quelli che dureranno meno nel tempo. 

La donna in epoca moderna dispone di vari metodi per ritardare l'appassimento, spesso ricorrendo a pratiche che la portano a simulare un oggetto inanimato: come il trucco che simula una bambola o una maschera, oppure le plastiche facciali. Jessie incarna la perfezione della bellezza, per questo sembra un manichino. Refn sembra comunicarci l'immortalità di quella bellezza che è chiaramente solo un illusione. Oltre al suo aspetto fisico sembra che ci sia qualcos'altro, quella che Ruby definisce "the thing", la cosa: non si sa cosa sia, si sa solo che c'è e che la rende diversa da tutte le altre, migliore di tutte le altre. Refn sembra suggerire sia la verginità ma non viene esplicitato, meglio non entrare in questo tema..

Sex Appeal dell'inorganico

Per comprendere meglio la bellezza dell'appassimento e la bellezza dell'inanimato, bisogna partire parlando di moda e di lavoro. Marx rileva come dal lavoro alienato, un oggetto, prodotto del lavoro dell'operaio, sorge dinanzi al suo produttore come un ente estraneo: il lavoro si è oggettivato, e questa oggettivazione produce come "cosa" e come merce il lavoro stesso e l'operaio stesso. Il lavoro toglie all'essere umano la natura e il genere. E la natura, divenuta "cosa", funziona così indipendentemente dall'ente umano da cui si è separata. Il feticismo rappresenta il momento di valorizzazione perversa di questa "cosa".

Walter Benjamin scrive: "Il mondo (di Baudelaire) sprofonda feticisticamente nella rigidità cadaverica" le cui due forme sensibili sono la prostituzione e la moda. E la modella si colloca proprio tra queste due figure, potremmo dirla: la prostituta della moda. La prostituzione perché nella metropoli moderna essa diviene una sorta di grande metafora del lavoro e del denaro, alimentando la sua attrattiva proprio col suo carattere mercenario. E la moda in quanto sex appeal dell'inorganico, ossia di quella natura devitalizzata che è il corpo divenuto merce e la merce stessa. E' proprio nella forma merce, scrive Benjamin, che la "cosa" produce un effetto di estraniazione reciproca degli esseri umani, dal momento che il prezzo della merce, il suo equivalente in denaro, è un valore assolutamente indifferente rispetto al "lavoro" che l'ha prodotta.

Quindi, riassumendo, sia l'indumento che la prostituta nella società moderna divengono articoli di massa, "cosa", merce, in quanto il loro valore umano e il valore della qualità del loro lavoro (nel caso della moda il valore delle persone che producono gli indumenti) sono completamenti sovrastati dal valore economico assoluto che le categorizza. E questo appeal dell'inorganico nel film si cela dietro l'attrazione per la bellezza morta del manichino-modella, che degenera in Ruby nell'attrazione verso i cadaveri: i manichini migliori per una truccatrice vorace come lei. 

Il vintage

L'appassimento termina con la morte, certo, ma anch'esso, nella sua essenza, racchiude un inspiegabile bellezza: per indagarla può tornare ancora utile la moda. Il vintage è la bellezza che si racchiude in un capo datato, una felpa o un jeans che nel tempo assumono una bellezza ancora maggiore: agli occhi del proprietario quegli indumenti possono certo assumere un valore affettivo, dato dai ricordi e dalle situazioni vissute, ma quando l'indumento vintage attrae una persona esterna ecco che si verifica la seduzione della bellezza dell'appassimento. Quell'indumento, che porta con se magari anche dei difetti come macchie sbiadite, buchi, un tessuto un po consumato, racconta una storia; in un certo senso è come se l'indumento che di per se è morto e investito del sex appeal dell'inorganico, con il tempo e l'utilizzo prendesse vita grazie alla storia che si imprime sulla sua superficie che lo rende così ancora più bello: in questo passaggio al contrario dalla morte all'appassimento, forse nella speranza che l'indumento arrivi ad assumere un giorno la pura bellezza di ciò che è vivo.

Riassumendo: l'indumento vintage porta inspiegabilmente un fascino maggiore dato dal suo essere vissuto dal proprietario. All'opposto di ciò che è vivo che: nasce, vive e muore; l'indumento segue un percorso diverso: morte, storia, e tende alla rinascita. Proprio come l'indumento anche ciò che è vivo possiede una bellezza nell'appassimento, più o meno apprezzato poi dalle singole personalità.

Temere e tardare l'appassimento

La persona che fa di tutto per allungare la sua bellezza morta in un certo senso nasconde/rifiuta la sua storia. Essendo questo fenomeno nel genere femminile molto diffuso, assomiglia quasi ad un retaggio culturale, un eredità inconscia che narra una donna privata della sua storia o che se ne vergogna: relegata e limitata nel suo ruolo teatrale di moglie perfetta, moglie manichino, moglie trofeo. O forse si tende a nascondere i segni del tempo perché, spesso ancora oggi, la bellezza è l'unica cosa che dà una rilevanza alle donne, che le pone in una posizione di potere, e forse questo morboso attaccamento alla bellezza è come un tentativo vano di non voler essere se stesse ma di voler essere ciò che la società richiede: belle.

Anche gli uomini al giorno d'oggi si sbilanciano in queste pratiche di ringiovanimento (non parlo del trucco anche se prima l'ho citato, il trucco rientra in un discorso più ampio), questi uomini rientrano più difficilmente nel discorso del paragrafo precedente, come anche molte donne: ovviamente la verità non è univoca: il tardare l'invecchiamento può essere dato da una questione di moda (intesa come tendenza), un capriccio da ricchi, un esigenza d'immagine. Certo in un qualche modo anche questi temi forse si potrebbero far risalire al discorso fatto più sopra però è giusto dire che non c'è nulla di male nell'avvalersi di certe pratiche e i motivi per farlo potrebbero essere molti, non volevo fare un discorso totalizzante, ho generalizzato per economia.

Narciso

Sicuramente nel farsi bell* vive un discorso narcisistico che Refn ci mostra nel misterioso triangolo che incanta e cattura l'attenzione di Jessie. All'interno di esso si vede, si ama, si bacia. Da quel momento in poi Jessie cambia, assume una sicurezza quasi spaventosa che la rende sotto molti punti di vista un mostro. Chi si piace troppo diventa pericolos* perché non ha più spazio per gli altri e tende così a ferire le persone senza rendersene conto, in quanto troppo occupat* a pensare a se stess*. 


di Ruben Carminati