The Babadook
"Baba baba Babadook
Chiudi il libro e non c’è più
Chiudi gli occhi ed è con te
Sei già morto
Un, due, tre"
La vera forza sono i personaggi
Babadook non gioca con i jumpscare o con le musichette inquietanti, predilige un ambiente casalingo distorto che provoca inquietudine nello spettatore. La regista Jennifer Kent ha voluto innanzitutto fare un bel film, a prescindere dal genere, quindi si è messa a scrivere dei personaggi fatti davvero bene: la protagonista madre single con tutte le responsabilità a carico, il bambino iperattivo che sembra avere un qualche disturbo mentale e che è diverso dai coetanei, la società lontana dalla situazione difficile dei protagonisti.
Abbiamo dunque un film che si sviluppa su dei personaggi veri e coinvolgenti, che sanno parlare di sé e che agiscono coerentemente con la loro personalità. Amelia, la protagonista, trasmette una costante sensazione di stanchezza che lo spettatore percepisce chiaramente e, di conseguenza, risulta più irritante il fatto che le sue amiche non la aiutino. Viene quasi voglia di entrare nel film per dare una mano a quella donna che deve gestire tutto da sola.
E proprio quando siamo così coinvolti, la regista chiude le vie d’uscita e ci tiene dentro una situazione di costante terrore. Scopriamo che un’entità di nome Babadook infesta la casa dei protagonisti, portando pazzia e paura sulla sua strada.
Qui i personaggi evolvono e cambiano in maniera spaventosa, provocando un disturbo pesante nello spettatore. Amelia si arrende alla follia e diventa psicopatica, arrivando a minacciare il figlio con un coltello, dando sfogo a ciò che ha sempre pensato del piccolo. Sam invece, che inizialmente sembrava quasi un bambino con disturbi mentali, diventa di colpo un bambino normalissimo che ha paura del mostro nell’armadio e degli sfoghi violenti della madre.
Queste trasformazioni, però, sono di un realismo impressionante. Non sembrano cambiamenti esagerati, non sono atteggiamenti da film horror, bensì reazioni che i personaggi potrebbero avere come fossero nella vita vera.
Un finale che chiarisce tutto
Ok, in realtà il finale ha fatto storcere il naso a molti (me incluso) ma c’è una spiegazione molto semplice: non ha lo stesso ritmo del resto del film. Sembra molto un finale abbozzato all’ultimo che cerca di concludere in fretta la storia o che vuole preparare la strada per un sequel.
In realtà la regista ha cercato di spiegarci in modo chiaro cosa rappresenta il Babadook, finendo però nella metafora e nel simbolismo, cose che effettivamente possono non piacere. Amelia non riesce ad elaborare il lutto dato dalla perdita del marito e per sette anni tiene gli oggetti personali del rimpianto nello scantinato; per sette anni cerca di non pensare all’accaduto e va avanti come un carro armato, senza rallentare un secondo, fino però a cedere di colpo. Il figlio Sam si lega al ricordo di un padre che non ha mai conosciuto, eseguendo i suoi stessi trucchi di magia e stando spesso nello scantinato.
Ad Amelia questo non piace perché significherebbe affrontare l’argomento, quindi semplicemente vieta a Sam di tornare in quella stanza. Per compensare questo divieto assoluto, a Sam viene concesso di tutto, senza mai un vero rimprovero: una situazione che alimenta un comportamento sbagliato nel bambino, rendendolo una vera peste.
Ad un certo punto arriva il Babadook, che sconvolge Amelia e Sam, li porta ad isolarsi e a non sentirsi più al sicuro nemmeno in casa loro. Il Babadook è la paura di affrontare la perdita del marito che Amelia si porta dentro. È arrivata fin dove poteva, ma adesso sta impazzendo perché non ce la fa più e passa dall’essere una tenera e innocua madre permissiva ad una minaccia per la sicurezza sua e del figlio. Arriva a minacciare Sam con un coltello, sfogando su di lui tutti i brutti pensieri che aveva.
E Sam? Sam in realtà non aveva paura del mostro nell’armadio, ma della madre che stava diventando sempre più ingestibile. Madre che impazzisce, famiglia che si isola, figli indifesi.. una situazione che nella realtà spesso finisce sui fatti di cronaca.
Alla fine Amelia capisce che per sopravvivere deve affrontare le sue paure e il Babadook infatti se ne va. No, scherzo, in realtà rimane nello scantinato e viene mantenuto come un animale domestico: d’altronde la perdita di un proprio caro è qualcosa che si può affrontare ma di cui non ci si libera mai. Amelia quindi deve conviverci.
The Babadook parte dalla storiella di paura più comune tra tutte, l'uomo nero, ma riesce a trasformarla in una storia di elaborazione del lutto narrata davvero bene. Per quanto un fan dell'orrore possa preferire altro, rimane comunque un bel film con molto di insolito per il genere.
Da vedere almeno una volta se si è appassionati di horror.
Valutazione:
★★★★★★★★☆☆
di Andrea Brevi