Speak No Evil

"A volte è spaventoso come perdiamo la capacità di trovare la nostra strada nella vita".
Una famiglia danese fa visita a una coppia olandese che ha conosciuto in vacanza. Quello che doveva essere un viaggio di piacere si trasforma lentamente in un incubo mentre i danesi cercano di rimanere educati davanti a comportamenti sempre più estremi.
La domanda che il film pone è fino a che punto siamo pronti a ignorare i nostri istinti animali in nome della buona educazione? Le norme morali al giorno d'oggi dominano ogni nostra scelta, i passi che muoviamo nel mondo sono dettati da cosa è giusto fare, cosa ci è permesso fare, ma se veniamo calati in un contesto sociale fuori dal normale, dove la coppia di fronte a noi non rispetta le nostre stesse regole, perché noi continuiamo a rispettarle?
Il film ci trasforma, da spettatori passivi veniamo inglobati nel film, mettiamo in dubbio le scelte dei personaggi e gridiamo allo schermo cosa fare, ma siamo sicuri che non ci comporteremmo come loro nella medesima situazione?
L'aspetto interessante del film è che in qualche modo riflette ciò che accade quando qualcuno usa la nostra gentilezza e i nostri valori contro di noi. Il film ti fa arrabbiare, ed è questo il punto, ed è proprio per questo che funziona. Si scontra con il corpo, la mente e le emozioni. Crea una storia che si sarebbe potuta evitare se si fosse voluto. Un paradosso grottesco. Tramite l'aggressività passiva, il film crea finzione e una possibilità che alla fine non sembra realistica. Tuttavia, questa è una regia molto controllata nel suo stile, un regia che intenzionalmente alimenta l'incertezza, gli sguardi, la follia. È come una persona talmente manipolabile che se le dici di saltare in un pozzo a testa in giù, salterà in un pozzo a testa in giù.
Questa rabbia che crea il film è interessante. Vuole riflettere la frustrazione nelle situazioni di vita reale in cui le persone non si difendono, e allo stesso tempo il film vuole spingerti a un punto in cui è insopportabile assistervi. Ogni dettaglio, silenzio, conversazione, sguardo è inserito nella storia con uno scopo. Il film non commette errori, i suoi personaggi commettono errori perché esso glielo permette.

Il film crea rabbia e frustrazione, perché vuole scuoterci, vuole costringerci a uscire dalla bolla in cui viviamo, quella bolla che non scoppia e non vuole essere scoppiata. Urli al film, ma è solo un sussurro nel vuoto. Lo lasci accadere perché non puoi farci niente. Odi i personaggi del film perché non fanno niente. Questa è la connessione a cui probabilmente mira il film: impotenza in mezzo al male. E di fatto in questa storia, non ci sono persone vere, solo il male di cui non ti è permesso parlare.
di Rebecca Carminati