Pleasure

25.03.2024

Dalla Svezia alla California per conquistare il mondo del porno, Linnea, in arte Bella Cherry, cerca di trovare un equilibrio tra la sua vita e il suo lavoro, ma le due sfere sembrano non riuscire a coesistere.

Primo set: è una principiante con un obiettivo, si trova in una stanza da sola con tre uomini: uno le dà indicazioni, uno prepara il set e l'altro si masturba. Un atmosfera inquietante ma a fine scena una valanga di complimenti le tirano su il morale, questo mondo sembra piacerle.

A camera spenta è tutto tranquillo, si ride, si scherza, si parla di come affrontare al meglio la scena, ma quando la luce rossa lampeggia, bè quello è il regno del torbido.

Gira vari set, in alcuni si trova bene: viene trattata con rispetto e accompagnata cautamente attraverso la scena. In altri no, la parola di sicurezza non sembra bastare e le indicazione pre-scena non sempre preparano a ciò a cui si sta andando incontro.

Foto di cazzi, commenti sgradevoli su Instagram, la concorrenza, l'ansia da prestazione, la violenza di un mondo lavorativo pieno di uomini privi di tatto. La pressione si fa sentire, aumenta ogni secondo, ma bisogna restare fissi sull'obiettivo: diventare una delle grandi pornostar di LA.

Trova un amica, si fanno coraggio a vicenda, scherzano e lavorano assieme, Bella supera alcune insicurezze, ma nella scalata al successo bisogna fare delle scelte e tutte le scelte hanno conseguenze.

VALUTAZIONE: ★★★★★★★☆☆☆

Interessante e caratteristica scelta delle musiche, dalla lirica a tenebrosi motivi folkloristici che dilatano e arricchiscono la resa emotiva delle scene, la lirica soprattutto avvicinandosi a quell'idea di altezza e acutezza quasi paradisiaca dell'orgasmo.

Il film è piacevole e riflessivo, zero pesantezza; è crudo, vero e anche comico, un leggero umorismo che sfiora il film e mette i puntini sulle "i" a certi temi solo accennati, come per accentare senza perdere di vista il tema centrale che non è tanto il mondo del porno, che è lo sfondo e il contesto della storia, ma piuttosto il rapporto di Linnea con il suo lavoro e le conseguenze che esso ha sulla sua vita.

Il film è reperibile su Mubi.


Una donna che si spoglia è certamente un tema difficile da trattare, soprattutto per un uomo, ma non ho paura di risultare scomodo o inappropriato, sarò franco. Andiamo per gradi:

(Sulla prostituzione c'è un interessante accenno anche nel mio scorso articolo su the Neon Demon, nel paragrafo Sex Appeal dell'inorganico, consiglio comunque di recuperare l'intera riflessione sulla bellezza perché è strettamente legata a questa)

Il diritto di spogliarsi

Se una donna si spoglia, oggi, da noi, può farlo. Se lo fa in casa sua non ci riguarda; se lo fa in strada riceverà una sanzione per nudità in luogo pubblico; se lo fa sui social attiverà un mare di reazioni differenti nell'infinità della comunità virtuale. Ovviamente per esprimere un giudizio su quanto sia giusto o meno quell'atto di spogliarsi bisogna conoscere le circostanze e le dinamiche che girano attorno ad ogni singolo evento. E' impossibile dire a priori: le donne non devono spogliarsi o le donne dovrebbero sempre spogliarsi, mi pare semplice e banale.

Sui social oramai la nudità parziale o totale è diventata un habitué: non stupiamoci se le donne rivendicano il diritto di fare ciò che vogliono con il proprio corpo forse, se non le avessimo represse per secoli, ora non sentirebbero il bisogno di mostrare i loro beni al mondo intero, ma lo fanno e non ci vedo nulla di male anzi per me che non ho una fidanzata è un ottimo spunto creativo.

Quello che forse non è chiaro a tutti è che: 

  1. Possono farlo. Il corpo è il loro e se non c'è una legge che regola questo tipo di atteggiamenti virtuali nessuno lo può impedire, quindi per chi commenta odio sotto i post è una battaglia persa in partenza e la loro è solo cattiveria gratuita spesso dettata da ignoranza e frustrazione.

  2. Il 90% della nudità su instagram è volta a fini commerciali, quindi commentando non fai altro che aumentare la visibilità dell'utente: ed è controproducente rispetto a quello che sostieni con le tue argomentazioni: se non sei d'accordo non aprire nemmeno certe foto.

Se questo hating è una battaglia persa che per di più contribuisce all'aumento della visibilità della ragazza, perché succede? Quale bisogno/desiderio può essere così forte da giustificare il contribuire alla crescita di visibilità di chi dichiari di non approvare? O menti sull'odio che provi, o trai del piacere nell'insultare, oppure avevi solo bisogno di sfogarti. Qualunque sia l'origine della tua rabbia: sia essa stomacale, sessuale oppure finta -e in qualche modo quindi ancora sessuale- o di altra provenienza: ricorda che i tuoi colpi colpiscono, il tuo dolore ferisce, le tue parole tagliano: anche se puoi vedere solo l'utente e non la persona, ricordati che la persona c'è, è dietro allo schermo ed è sensibile come lo sei tu. Poi forse non ti interessa, in quel caso: la chiudiamo qui.


E' giusto usare il proprio corpo per fare soldi? Non è prostituzione? Allora, bo'. Di sicuro è prostituzione, dal dizionario Treccani: "attività abituale e professionale di chi offre prestazioni sessuali a scopo di lucro". E credo sia di comune accordo il fatto che "prestazioni sessuali" non riguarda solo direttamente l'atto sessuale ma anche tutto ciò che ci gira attorno: come soddisfare e alimentare i rispettivi kinky degli utenti abbonati al tuo onlyfans o gestire un profilo dal quale gli utenti seguendo, likando e commentando ti permettono di lucrare postando il tuo corpo. Sei libera di farlo, fai del tuo corpo ciò che vuoi basta che tu sia consapevole delle conseguenze a cui potresti andare in contro. Piccola parentesi che chiudo subito: i social e le piattaforme di ogni tipo che hanno o possono avere degli effetti collaterali, magari non fisici, ma psicologici sulle persone che ci interagiscono tramite i propri utenti: DOVREBBERO RECARE -come dice bene Filippo Giardina- SULLA PAGINA DI APERTURA, SOTTO AL NOME DEL PROGRAMMA, UNA GROSSA SCRITTA ROSSA -come per le sigarette- IN CUI SI INDICA CHE: IL PROGRAMMA PUO' CAUSARE (QUESTO E QUEL DISTURBO).

Onlyfans ha aperto un portone tra la percezione dell'opinione pubblica e il mondo della prostituzione, forse oggi non ha più molto senso agognarla come un atto spregevole e privo di contegno, forse ci stiamo davvero emancipando, e nonostante siano le donne a riscattare tutte queste libertà e a metterle in pratica: chi dovrebbe imparare di più è proprio l'uomo. Forse è il momento per noi di sensibilizzarci sulla nostra sessualità e su quella femminile ed uscire da quell'ottica terrificante del possesso. Allo stesso tempo la nostra emancipazione è resa molto complessa dalle posizioni (etiche) e dalle giustificazioni adottate dal genere femminile che tende a pretendere di poter fare ciò che vuole senza che ci siano delle conseguenze. Purtroppo le persone sono complicate e spesso ancora molto ignoranti e per arrivare ad un quieto vivere dobbiamo aiutarci non farci la guerra. Dall'altra parte il rischio accentuato da Onlyfans è che si tenda a delegittimare l'atto dello spogliarsi in toto: ricordiamoci che da sempre nella storia, e ancora oggi in molti paesi, alle volte anche il nostro, migliaia di ragazze, di bambine, devono spogliarsi: non per un capriccio di ribellione borghese, non per gonfiare il portafoglio e rifarsi il seno, ma per mangiare o più semplicemente restare in vita.

Come vedete il tema è molto complesso, in conclusione direi che se una ragazza che non conosci si spoglia pubblicamente non vedo perché dovrebbe interessarti: se ti piace guarda, se non ti piace non guardare; se invece è una ragazza che conosci a spogliarsi allora forse la tua opinione dovrebbe basarsi più su che tipo di persona è, sia mentre è spoglia sia quando è completamente vestita (una troia è una troia anche con tutti i vestiti addosso), e magari, se non è troppo chiederlo, chiederti: perché si sta spogliando?

Inoltre va ricordato che la cosiddetta "questione femminile" ha un nucleo valoriale sano che è ingigantito e deformato da tutta una parte di moda/tendenza costruita a tavolino che spesso torna a vantaggio di uomini potenti e donne potenti, non di certo del movimento femminista. Quindi per me la cosa fondamentale è riconoscere: cosa degna la nostra attenzione, cosa necessita il nostro intervento e quando è richiesta la nostra opinione. Basta mandare acqua al mulino di questo femminismo di convenienza e cerchiamo invece di sensibilizzarci in quanto umani: non in base al sesso, al genere o all'articolo determinativo con il quale vogliamo identificarci. Basta erigere muri e darci etichette, siamo tutti sulla stessa barca che affonda!

Anche gli utenti soffrono

Ora che abbiamo puntualizzato che una donna ha il diritto di spogliarsi entro i limiti di legge, e una volta visti i criteri, più umani credo, con il quale provare a giudicare la situazione, resta da chiedersi: che cosa succede nella vita di una donna dopo che si è spogliata? E' facile scrivere un commento aggressivo e mortificante ma non è altrettanto semplice leggerlo e digerirlo quando è diretto a te.

La realtà virtuale dei social media è appannata da un'invisibile patina di falsità che è difficile percepire senza un distacco critico dallo schermo. Questa patina tende a far trasparire tutto come bello, divertente, da ricchi, alla moda, oscurando tutti i lati negativi che si celano dietro: nell'altra faccia della medaglia (per approfondire il tema dei pericoli dei social vi consiglio di leggere questo e questo post di Filippo Giardina e magari di dare un occhio al suo profilo). L'altra faccia dei social è quella delle conseguenze: noi vediamo l'azione mascherata da questo alone di ricchezza e di ineluttabilità di chi posta, e siamo così portati a reagire non percependoli come umani ma come utenti da una parte e Dei dall'altra: come se questi non fossero vivi, fragili e sensibili come noi; e così si sfocia facilmente nell'hating o nell'idolatria. Ma che cosa comporta l'hating? quali conseguenze ha sulle persone?  Chi lucra con i social non può mostrarci il lato negativo perché non è quello che il pubblico si aspetta, e quindi vuole, da lui. Gue potrebbe un giorno leggere un commento e rimanerci male ma sarebbe comunque chiamato a rispondere che si scopa tua madre perché bisogna sempre soddisfare il proprio target, le aspettative del pubblico. E non è che è un male, è un oggettività: il mondo va così per tutti noi: siamo attori amatoriali che vivono per il pubblico: chi per starci in mezzo, chi per non esserci.

Tutto questo sproloquio per dire cosa? semplicemente che quando una ragazza si spoglia su instagram e pare felice: perché si sta arricchendo; sta riconfermando a se stessa che è bella e che è un attrazione per molti uomini (cosa che può fare una qualsiasi donna una volta spogliata); e allo stesso tempo sta realizzando una sorta di rivincita di dominio sul sesso opposto: in quanto pur di realizzare una fantasia questo tot di persone è disposto a pagarla, a pagare per un eccitazione priva del contatto e del dominio fisico maschile; e si auto-masturba narcisisticamente sull'idea di dominare virtualmente i torbidi piaceri maschili. Tutto questo nasconde come e quanto il suo spogliarsi incida sulla sua vita personale, sulla sua psiche, sulla percezione che chi la conosce ha di lei, e allo stesso tempo omette il lato scabroso e disgustoso di soddisfare certi impulsi, certe perversioni solo per soldi. Ricordiamoci che una volta pagata tu resti al servizio del mio desiderio: miei soldi mie le redini. 

L'utente è semplicemente un vettore virtuale per il comunicarsi del soggetto, ma fuori dallo schermo c'è una persona che prova dolore come gioia; quindi quando decidiamo di agire virtualmente dobbiamo essere consapevoli che il nostro atto avrà delle conseguenze su qualcuno, e tutto questo dovrebbe essere regolamentato, in modo da limitare i danni che i social comportano, tramite gli utenti, alle singole persone.

Pornografia

Il porno è molto diverso da Onlyfans, quest'ultimo è un social mentre l'altro è una branca dell'industria audio-visiva; anche le dinamiche interne sono completamente differenti: su OF sono gli utenti a pagarti quindi devi saperti vendere; mentre nel porno sei un attrice pagata a priori; ma la vera differenza credo stia nella distanza che il porno mantiene dai fruitori, che su OF viene completamente azzerata: mentre ci scriviamo io e te siamo nella stessa stanza virtuale, non ci possiamo toccare, vedere o annusare ma siamo uno di fronte all'altro, e nel mentre "comunichiamo". OF rispetto al porno è più simile ad un servizio di escort virtuale: ti pago e soddisfi specificatamente i miei bisogni.

Il problema del porno è che è un tema delicato, spesso ancora tabù, ed è difficile sensibilizzare le persone per mostrare loro che c'è una forte presenza maschile, sessista, che lucra letteralmente sessualizzando le donne (così viene mostrato nel film, io sinceramente non conosco le dinamiche aziendali dell'industria pornografica). Si potrebbe controbattere che sono le attrici a scegliere di spogliarsi, certo, ottima osservazione, però forse il sessismo tende a legarsi ad atteggiamenti e linguaggi anche lontani da quello sessuale, nascosti e difficili da denunciare, atteggiamenti che tendono a passare inosservati perché parte di noi in quanto eredità culturale: gli uomini tendono a non notarli, le donne o non li notano e inconsciamente li alimentano oppure li notano e li esasperano: entrambi gli atteggiamenti non risolvono il problema, soprattutto perché, generalizzando, l'uomo tende a non riconoscere il problema o la colpa, e la donna tende a scaricarla tutta sull'uomo. Senza comunicazione, non si va da nessuna parte, e senza sensibilità non si comunica.

di Ruben Carminati