Pedro Almodovar: un universo di femminilità

04.03.2024

Pedro Almodovar, regista mancego assurto ai vertici internazionali del cinema, è da lungo tempo soprannominato "il regista delle donne". Nei suoi film la donna assume quasi sempre un ruolo di primaria importanza e, senza essere snaturata delle sue qualità prettamente femminili, viene elevata al rango "maschile" che la rende capace di emanciparsi senza bisogno dell'intervento maschile.

Vado a spiegarmi meglio: la donna, per come è sempre stata intesa nella letteratura e nel cinema, è vittima per la sua stessa esistenza di un'inferiorità, fisica o intellettuale che sia, che la differenzia dagli uomini; gli uomini in qualità di "salvatori" hanno il compito di trarre la donna dalla sua situazione di inferiorità per portarla al proprio fianco, ma mai al proprio livello. Ora, nei film di Almodovar il meccanismo dell'ascesa a un livello superiore, in questo caso l'emancipazione personale da una qualsiasi situazione deterrente, avviene nelle donne per mezzo delle donne attraverso le donne: l'uomo non è incluso nella conversazione e la donna giunge a quel livello di autonomia, proprio tipicamente degli uomini, senza necessità di un intervento maschile. 

Il regista spagnolo, dichiaratamente omosessuale, dipinge un universo di femminilità dalle tinte forti, ma delicate, mostra donne esagerate, nelle loro passioni e nei loro esseri, che si approcciano alla vita in modo confuso e confusionario, senza sapere quale sia la strada giusta, ma con molto coraggio e ne escono vittoriose. I suoi personaggi femminili rappresentano l'immaginario del regista nel loro rapporto, spesso distorto, con la realtà e per presentare un variegato assortimento di donne che evidenzino l'uguaglianza tra uomo e donna è necessario mostrarle, estremizzarle e portarle sullo stesso piano degli uomini, se non più su.

"Sfilano davanti ai nostri occhi donne che potrebbero persino farci sorridere delle loro disgrazie, nella loro ricerca erratica di soluzioni assurde ai loro drammi e tragedie, ma al contempo donne forti che lottano, a modo loro, per ottenere ciò che desiderano. In sostanza: donne capaci di bastare a sé stesse".

Per analizzare la figura della donna e come essa assuma un ruolo sempre più autonomo e distaccato dalla subordinazione fisica, emotiva, psichica ed esistenziale all'uomo nella filmografia di Almodovar, utilizzerò tre pellicole che a mio parere sono esemplificative della cinematografia almodovariana e che sono legate ai tre periodi di evoluzione della regia stessa del cineasta spagnolo.

    1.   Mujeres al borde de un ataque de nervios (1988)

Mujeres al borde de un ataque de nervios è la storia di donne che amano troppo.

Pepa è stata appena lasciata dal suo amante Ivan ed è sul punto di uccidersi con un delizioso gazpacho corretto con una dose massiccia di pillole per dormire, ma viene interrotta da una divertente e caotica serie di eventi. Il film è estremamente dinamico: la macchina da presa rincorre incessantemente le nostre protagoniste, seguendo le loro irrequietezze e le loro disavventure, il risultato è una trasposizione comica dei deliri di queste povere donne troppo appassionate. Le nostre protagoniste rappresentano lo stereotipo femminile, un collage di fotografie femminili strappate ai giornali di moda degli anni Cinquanta e Sessanta: ciglia lunghissime, unghie smaltate, labbra rosse, tacchi e gioielli al limite del cattivo gusto.

Siamo di fronte a donne borghesissime, dei fasci di nervi che camminano in un mondo che non meno di loro è pronto a collassare, un modo sull'orlo, donne le quali devono ricorrere a pasticche e a barbiturici, da gustare pure col gazpacho, per tenere a bada le loro passioni. Eppure, si tratta di passioni non epiche, ma della gente comune, nel quale il kitsch sembra voler adempiere a una funzione fortemente sentimentale. L'uso del kitsch da parte di Almodóvar diventa veicolo comunicativo senza fraintendimenti, nel quale l'interpretazione è insita nella produzione del messaggio. L'uso del kitsch evidenzia il modo attraverso cui i personaggi dei film del regista spagnolo diventano significativi, cioè per quel che fanno, per i loro atti e non per quel che lasciano intendere i loro ruoli. Essi hanno necessità di farsi scoprire e conoscere dallo spettatore: si tratta di donne che agiscono per risolvere le proprie esigenze, che non riescono a rimanere inermi davanti alle circostanze che gli si paventano dinanzi, donne che cercano in tutti i modi di risolvere le loro conflittualità.

L'altro protagonista del film è il telefono, l'unica cosa che tiene legata Pepa ad Ivan e la principale causa della sua follia: Pepa per tutto il film rimane ancorata alla voce del suo amato con cui tenta di costruire un dialogo, ma che rimarrà sempre un monologo, ed è questa ossessione, l'ossessione per non riuscire a comunicare con Ivàn che contribuisce al suo totale crollo psichico.

L'emancipazione di Pepa non sarà priva di ostacoli e vede districarsi per le strade di Madrid le vite di tre donne coinvolte in una staffetta sentimentale: Lucia, donna matura, uscita da poco da una clinica psichiatrica in cui era stata ricoverata dopo l'abbandono da parte del marito, lo stesso Ivàn, e Paulina Morales, la sua attuale amante, con cui Ivàn sta per partire. Le due donne sono una sorta di doppi di Pepa, ne rappresentano il prima e il dopo, singoli aspetti di un universo femminile in espansione, un'espansione non uniforme ed elegante, ma instabile e sempre soggetta al cambiamento, Pepa è riuscita ad emanciparsi, e se ne rende conto quando non teme di lasciar andare Ivàn, spetterà ora a Paulina farsi carico dell'adultero, Paulina che rappresenta il diritto delle donne ormai emancipate, delle donne femministe ed egoiste.

"Donne che amano troppo"

Le donne storicamente sono sempre state considerate il "sesso debole", troppo emotive, passionali, sensibili, in Mujeres al borde de un ataque de nervios Almodovar prende questo stereotipo e lo esaspera, queste donne sono vittime delle loro stesse passioni, ossessionate da un uomo che è l'epitome dell'indifferenza e della noncuranza, eppure Pepa, attraverso le altre donne, riesce ad emanciparsi: vede in Lucia quello che potrebbe essere di lei se restasse attaccata a Ivàn, e sceglie di non fare quella fine. Sceglie di cambiare il suo destino.

La domanda ora è perché le donne, nella loro sensibilità infinita e spesso esagerata, sono da sempre considerate "inferiori" agli uomini vestiti della loro lucente corazza di razionalità? La risposta semplice potrebbe essere che l'emotività eccessiva che sembra nella maggior parte dei casi appartenere alle donne e ai gay è quasi sempre inscindibile da un'offuscata capacità di giudizio e un'impulsività a tratti pericolosa, ma come tutti sappiamo la questione è ben più complicata di così.

Durante l'Illuminismo la ragione ha preso il sopravvento sul sentire, e tutti quegli impulsi naturali che ognuno di noi prova hanno iniziato ad essere soppressi in nome di un razionalismo eccedente, in questo nuovo mondo illuminato le creature rimaste nell'ombra erano le donne, ritenute troppo stupide per poter comprendere i grandi misteri della mente umana e quindi irrazionali, poiché possedevano tutte le caratteristiche che erano state ormai bandite. Le femministe più radicali potrebbero addirittura dirvi che le cause e gli effetti fossero in realtà ribaltati, e cioè che gli uomini puntarono tutto sulla ragione, proprio perché opposta alla natura femminile, insondabile e inscopribile per la mente maschile attaccata alle sue regole e ai suoi teoremi.

Pedro Almodovar riesce a prendere le caratteristiche femminili più osteggiate e a trasformarle non in pregi, ma in "motori d'azione", la passione spinge le donne ad agire, a cercare soluzioni, rimedi creativi e a mettersi in gioco.

  2.  Todo sobre mi madre (1999)

Todo sobre mi madre verte attorno al tema della maternità e del teatro.

Manuela vede morire suo figlio Esteban sotto i suoi occhi mentre rincorre un'auto per avere l'autografo di un'attrice di teatro, Huma, così parte per Barcellona per ritrovare il padre del ragazzo, un altro Esteban che ora è diventato Lola.

Si tratta di una pellicola nella quale l'universo maschile comincia a smarrirsi, nel quale gli uomini sono rappresentati nelle fattezze della transessualità, quasi a volerne ridurre la mascolinità a mero atto riproduttivo o di piacere in un corpo di donna. Del resto, Lola, allo stesso modo di Iván (Mujeres al borde de un ataque de nervios), è un seduttore seriale, un abisso di egoismo bulimico e annichilente dal quale Manuela aveva rischiato di essere inghiottita a suo tempo.

Ci sono molte donne coinvolte in questo film, donne che interagiscono e collaborano, che si sostengono e resistono. In puro stile almodovariano tutti questi personaggi caotici cascano a pennello nelle vite le une delle altre, così che nel momento del bisogno non si riesce più a distinguere chi sia a necessitare aiuto e chi a offrirlo. Qui fiorisce nel suo splendore l'empatia di Pedro Almodovar, in un film che suggerisce che il miglior modo per prendersi cura di qualcuno è semplicemente esserci.

Il teatro non solo definisce il film, ma lo nutre e la pellicola si costruisce su di esso, con un impianto che ricalca i grandi melodrammi con le grandi attrici che esprimevano grandi emozioni, ma anche nello spirito stesso del film, puntellato da spettacoli e inquadrature che rendono eleganti persino quelle sequenze più discutibili.

Così, la chiave poetica del film è rappresentata dal rapporto tra la vita e il teatro: il film ci mostra come "la dimensione teatrale della vita riesca a liberarci dalla vita stessa o almeno dalla coazione a ripetere e dalla pulsione di morte. Il teatro è però al tempo stesso finzione, una messa in scena ordita da un attore che, dietro la maschera, cattura le nostre emozioni e la nostra anima".

La lettura del diario del figlio, dopo la sua morte, da parte di Manuela, sarà il momento del suo smarrimento, in cui comprende l'importanza di dover ricucire la frattura che ha lasciato aperta col suo passato, di dover tornare lì dove tutto è cominciato, di terminare di fingere per tornare a vivere. Manuela rinasce dal fondo della sua disperazione per aiutare gli altri, per accoglierli, per dare senso alla sua vita, che non ha più nessun interesse e valore per lei. Questo sarà l'elemento che unirà Manuela a Rosa, la donna che è stata messa incinta dal suo ex marito, il quale le ha trasmesso anche l'AIDS, il cui figlio sarà allevato dalla stessa Manuela, che tornerà a vivere con lui a Barcellona.

La forza della pellicola di Almodóvar è nel modo in cui egli organizza i personaggi. Il racconto si sviluppa in modo tale che tutti sono coinvolti, sebbene il centro propulsore resti sempre costituito dalle vicende vissute dal personaggio principale. Quest'ultimo, però, non oscura gli altri, perché ciascuno di essi possiede caratteristiche percepibili che li contraddistinguono, donando la loro sostanza caratteriale. In ciascun personaggio la "fenomenologia dell'accadere degli eventi e delle azioni intraprese viene coniugata con l'emozione che eventi ed azioni recano al personaggio stesso".

In conclusione, in Todo sobre mi madre sono presentati diversi tipi di donne, dalla suora morente e incinta alla madre che piange disperata la perdita del figlio, dalla attrice di teatro che emula nel suo nome d'arte le grandi dive del cinema alla transessuale che pratica la prostituzione come forma di giocoso dono di sé. Ciò rappresenta un'uguaglianza di fondo, la quale travalica qualsiasi differenza di genere. Il registra spagnolo conferisce a ciascuno di essi un valore che si riflette in maniera eguale nell'economia filmica: "ognuno di loro è visto, attraverso la propria diversità in un'ottica volta all'uguaglianza, non solo prettamente delle donne, ma allargata a un universo di sensibilità femminile".

Così, la pregnanza che caratterizza il circuito esistenziale, sentimentale e comunicativo che consente di superare lo smarrimento che ciascuna ha vissuto, lega Manuela, Huma e Agrado indissolubilmente. Un circuito basato sulla solidarietà complice e l'amicizia sincera, che emerge evidente nell'ultima scena del film, che si svolge, per l'appunto, nel camerino del teatro. Le donne si ritrovano a cuore aperto, senza bisogno di finzioni e mascheramenti, perché "ciò che conta è che la vita mette alla prova tutti e che l'amore e la solidarietà sono forse le ultime ancore di salvezza che permettono la comunicazione fra esseri umani".

La transessualità in un universo di sensibilità femminile

Manuela inizia il suo viaggio alla ricerca di Esteban/Lola e, una volta arrivata a Barcellona, Manuela si incontra con una vecchia amica, Agrado, che pensa possa aiutarla a trovare Lola. Incontriamo per la prima volta questo personaggio in una scena in cui la si vede brutalizzata e quasi stuprata da un uomo. Agrado, che è una prostituta trans, è inizialmente dipinta come il classico stereotipo luccicante e iper-sessualizzato della donna trans.

Agrado è la prima esposizione a un personaggio trans nel film, e la sua associazione con le tradizionali pratiche devianti, come l'uso di droghe intravenose e la prostituzione, mettono sia lei che la comunità trans spagnola in cattiva luce. Ma, con il progredire del film, Agrado viene sempre più umanizzata, e diventa un'amica affidabile e una persona amabile.

L'influenza di Almodovar come uomo gay è vista anche attraverso le sue scelte negli attori e le attrici che interpretano ruoli transgender all'interno del film. Il suo film contrappone il personaggio di Agrado, interpretato da Antonia Sanjuan, che è un'attrice transgender, con il personaggio di Lola che è interpretato da Tony Cantò, un maschio eterosessuale.

Anche se Agrado inizialmente rappresenta la comunità trans in un modo veramente deviante e stereotipico, alla fine mostra una vera trasformazione. Il ruolo di Lola è interpretato invece da un attore non transgender maschio e la scelta è molto interessante perché il personaggio di Lola è quello che è associato con la maggior parte degli aspetti della mascolinità egemonica. Lola, anche se adesso è una donna transgender, possiede ancora certi tratti mascolini che sono più centrali o più associati con l'autorità e con il potere sociale, è in molti modi, uno stereotipico macho man, che è irrispettoso verso le donne, un traditore, un bugiardo e un ladro. Al contrario di Agrado, che è un'amica leale, divertente e anche calda e amichevole, Lola è dipinta come una sorta di padre freddo e non impegnato, che non solo ha messo incinta Manuela, ma anche una giovane suora di nome Rosa. Lola non solo lascia Rosa incinta, ma in più la infetta con il virus della HIV che eventualmente la porterà all'AIDS e la ucciderà. 

Il momento centrale per la rappresentazione transgender in Todo sobre mi madre è il famoso monologo di Agrado davanti al pubblico del teatro. Dove l'aggressiva frontalità e la vicinanza nuda della camera con Agrado che porta avanti questo discorso parlando quasi direttamente alla cinepresa e solo con la sua testa e le spalle visibili contro lo sfondo rosso delle tende del teatro comunica fortemente l'importanza tematica del discorso. Ma allo stesso tempo ci obbliga a guardare alla persona che molti trovano disgustosa o repellente. Il significato di questa scena, che rappresenta una rottura nel film e occupa un breve, anche se importante, momento nel quale Almodóvar è in grado di presentare nella luce più affascinante un modo di vivere che fino ad allora in Spagna non sarebbe stato considerato compatibile con la società, è impareggiabile. Attraverso il discorso di Agrado, che si mostra in tutta se stessa, in tutta la sua autenticità, lei ridefinisce non solo se stessa, ma anche la tradizionale visione negativa della donna transessuale.

  3.  Volver (2006)

Volver è un film di fantasmi e superstizioni, di legami e tradizioni.

Raimunda vive a Madrid con il marito Paco e la figlia Paula. Sua sorella Sole vive lì vicino. Le due sorelle sentono la mancanza della madre, morta in un incendio con il padre anni prima, e quando inizia a spargersi la voce che il fantasma della madre sia apparso nel villaggio, le due sorelle non ci credono. Ma dopo un omicidio e una tragedia famigliare, lo spirito della madre appare per confortare le figlie.

Il film si apre con le donne del villaggio che, inutilmente, puliscono le tombe di famiglia. Inutilmente, perché il Solano, il vento dell'est, caldo e soffocante, che porta con sé la follia, le sferza senza posa. Raimunda, Paula e Sole, sono in visita da Madrid. Augustina il villaggio non l'ha mai lasciato, è una donna sola e in pena. I loro destini, annodati a quelli dei loro morti, i genitori di Raimunda e Sole, trovati abbracciati dopo l'incendio che li ha uccisi, e la madre di Augustina, scomparsa lo stesso giorno della tragedia, connessi dalla strada che collega Madrid al paese, si legheranno a quelli di altri morti (ammazzati, congelati, finalmente seppelliti) e a quelli di fantasmi che tornano per accogliere e svelare segreti.

Volver è un film tutto al femminile, se non addirittura pan-femminile, in esso la presenza dell'uomo è totalmente marginale ed evanescente. Se in Todo sobre mi madre il regista spagnolo ha esplorato il rapporto tra la madre il figlio, quindi ancora in un rapporto tra donna e uomo, qui il suo interesse si sposta sulla relazione che lega la madre alle sue figlie, quindi all'interno di una dimensione esclusivamente al femminile. In Volver è mostrata nella sua sfolgorante bellezza, in uno stadio estatico per l'appunto, l'emancipazione femminile avviata da Mujeres al borde de un ataque de nervios. Nel film si realizza il connubio tra gli elementi che abbiamo visto nelle due precedenti pellicole prese in analisi: la capacità di aggregazione e la capacità di mentire delle donne si fonde con la lungimirante possibilità di evitare tragedie. Le donne, occultando e fingendo, permettono alla vita di scorrere. Infatti, seppure sia una pellicola che parla di morte, essa è solo il pretesto per tornare alla vita. Volver è un film che ci racconta "tres generaciones de mujeres [que] sobreviven al viento solano, al fuego, a la locura, a la superstición e incluso a la muerte a base de bondad, mentiras y una vitalidad sin límites."

Questa storia di fantasmi ed omicidi ci riporta in qualche modo alle grandi tragedie greche, e all'idea che un delitto si perpetui di generazione in generazione fino a che il debito di sangue non venga pagato: in questo caso lo stupro e l'omicidio, una genealogia sporca che paga il suo stesso prezzo. Qui però l'eroe non esiste, gli uomini non esistono e sono le donne, che con l'ingegno e la menzogna, mettono in moto una serie di meccanismi creativi che permettono alla vita di scorrere nonostante tutto. Creatività che diventa gioia di vivere e che caratterizza tutti i rapporti del film nella solidarietà, tutte le donne del film non fanno altro che darsi una mano per sopravvivere insieme, aldilà degli uomini.

Madri e figlie

Il film verte attorno a tre generazioni di donne: madri, figlie e sorelle. Irene, Sole, Raimunda e Paula. Raimunda e Sole sono sorelle, e da quattro anni hanno perso il padre e la madre Irene, le due vivono nello stesso paese a Madrid a poche centinaia di metri l'una dall'altra, Sole è stata lasciata dal marito e Raimunda vive insieme al marito Paco e a sua figlia Paula.

La tragedia ha inizio con il tentativo di stupro di Paco ai danni della piccola Paula che per difendersi finisce per uccidere il padre, qua si stringe il primo legame tra Paula e la madre Raimunda che è pronta a tutto per proteggere sua figlia. Il secondo legame si instaura alla morte della vecchia zia Paula, Sole va al funerale e nella casa della zia incontra sua madre o il suo fantasma, e superata la paura iniziale la accoglie nella sua casa e nella sua vita, mascherandola con una falsa identità. Le due donne riprendono così segretamente il loro legame. Sole è però incapace di fingere e di mentire e quindi Irene incontra sua nipote Paula e successivamente sua figlia Raimunda, con cui aveva avuto un rapporto burrascoso in vita, ma che ora sembra volerle bene.

Con il ritrovamento delle quattro donne, con la comparsa della madre morta, vengono portati a galla vecchi segreti e vecchie verità che sembravano essere andate perdute, e nella sincerità che può esserci tra una madre e una figlia, le nostre protagoniste trovano le loro risposte e sembrano trovare la loro pace.

Almodovar riesce, con una sensibilità e una delicatezza che solo lui possiede, a sviscerare i rapporti intimi che esistono all'interno di una famiglia, e specialmente tra delle generazioni di donne separate da molte perdite e da molti segreti. Riesce a raccontarci la loro storia non come individui, ma come unità e a mostrarci come la resilienza di queste donne abbia saputo trasformare il dolore in gioia.

Conclusione

Almodovar è uno dei pochi registi che ha saputo cogliere la femminilità nelle sue molteplici forme, dipingendo ritratti di donne deboli o forti, ma che riescono sempre a crescere e a trovare una soluzione ai propri problemi e alle proprie pene. Certo è che definirlo "il regista delle donne" è riduttivo per l'importanza che Almodovar ha avuto sia nel panorama spagnolo che internazionale, ma visto che l'intento di questo scritto era evidenziare il rapporto di Pedro con l'universo femminile penso sia più che corretto affermare che egli sia uno dei pochi, se non il solo, regista uomo che è stato in grado di catturare le donne con le loro mille sfumature nel suo sguardo aperto alla diversità.

di Rebecca Carminati