Midsommar
"It's like theatre"
Pelle porta i suoi amici americani in una vacanza di nove giorni ad Halsingland, il suo paese di origine, per assistere ad un esperienza unica: i festeggiamenti segreti per il solstizio d'estate.
Dani scopre che sua sorella bipolare si è tolta la vita e nel farlo l'ha presa anche ai suoi genitori. Christian è da un anno che vuole lasciarla ma quest'evento è la scusa per procrastinare questo piccolo impegno. Ad una festa Dani scopre che Christian, Pelle, Josh e Mark, stanno per partire per la Svezia verso casa di Pelle; non ne sapeva nulla, lui si sente in dovere di invitarla fingendo fosse tutto programmato per un sorpresa romantica.
Arrivati ad Harga trovano un villaggio paradisiaco dove tutti vestono tuniche bianche, fiori ovunque, musica celestiale, edifici e decorazioni folkloristiche, tutto sembra sacro e gentile. La gente del posto li accoglie con calore e li invita tra loro per assistere e partecipare ai rituali, ma rimarranno un po' perplessi. Fin dove si può spingere il sapere accademico? Fin dove si possono spingere le persone in nome della tradizione?
I PERSONAGGI
Pelle decide di invitare i suoi 3 amici a casa sua in Svezia, apparentemente per poter condividere con loro il folklore e le tradizioni del suo paese d'origine, Harga.
Mark
Mark è quel tipo di ragazzo un po' frivolo che vuole divertirsi, che non pensa due volte o forse non pensa nemmeno e nonostante ciò ha sempre una risposta pronta. Quando arrivano ad Halsingland è a disagio per gli insetti, cammina sul prato come se fosse di fango, pensa più che alla Svezia alle donne svedesi e appena vede i funghi gli occhi gli si illuminano. Non ha un reale contatto con il posto o con le persone, vuole divertirsi, nulla di male in fondo.
Josh
All'opposto di Mark c'è Josh, fortemente attratto a questa terra da una curiosità accademica, vuole sapere tutto, convinto di sapere già molto. Ma l'approccio accademico manca di emotività, Josh non riesce a legare a fondo con Harga, non riesce ad allinearsi all'armonia terrificante che la abita e non riesce nemmeno ad avere un lucido distacco critico per comprendere realmente cosa sta succedendo attorno a loro. La sua sete di sapere lo porta verso la rovina, la voracità per le informazioni segrete di Harga lo spinge oltre il limite, ma nessuno può turbare l'armonia del Midsommar.
Christian
Christian chiude perfettamente il triangolo con la sua totale assenza di personalità, non ha gusto, non ha idee, non ha carisma o carattere, non ha coraggio, non ha nulla se non uno spiccato istinto alla sopravvivenza. Non sa su cosa scrivere la tesi e dopo un confronto con Josh decide che anche lui vuole farla sul viaggio che stanno intraprendendo. Vuole lasciare Dani da più di un anno ma non ci prova nemmeno, anzi evita pure di litigare, ma quando il litigio è inevitabile sfrutta al meglio le sue doti di organismo privo di vita per mimare quella degli altri e così, in un battito di ciglia, diviene lui la vittima e convince Dani che lo sta aggredendo, il che si scusa agitata e spaventata -non sa bene come porsi dopo lo spaventoso incidente con i suoi- e allora Christian in un gesto di carità decide di perdonarla.
Dani
Dani è completamente diversa dagli altri tre, ancora in lutto e fortemente traumatizzata cerca solo di rilassarsi. Finisce in Svezia quasi per caso ed è l'unica che si accorge realmente di ciò che sta succedendo -forse perché molto sensibile dopo la morte della sua famiglia. Rimane turbata ma nonostante ciò è l'unica che riesce veramente ad entrare in sintonia con Harga e ad allinearsi alla sua perfezione.
VALUTAZIONE: ★★★★★★★★★☆
Sono grande fan del lavoro di Aster, direi che questo film (l'ho visto solo con le directory's cut, non so la modalità theatre come sia) è il più coraggioso e autoriale dei tre lungometraggi. Una sceneggiatura unica, originale ed inaspettata. Un lavoro di grandi dimensioni che segna una bella maturazione da Hereditary, che credo rimanga comunque il suo masterpiece; Midsommar è più di nicchia, forse. Mentre Beau is afraid è sicuramente il più geniale, con dei picchi di altissimo livello cinematografico ma anche dei picchi verso il basso, un po' deludenti, come le ultime sequenze: ridondanti, effimere e a prova di scemo.
LUCE E BUIO, bilanciare per garantire la vita
Abbiamo già visto come la luce sia strettamente connessa al delirio, la luce seduttrice che porta i guardiani del faro alla pazzia o la luce che penetra nell'iride di un ragazzino curioso. Ma la luce che abbiamo qui non è una luce che filtra nel buio ed attrae a se le persone, la luce di Midsommar è una luce ineluttabile, onnipresente e costante nello spazio e nel tempo (un po' come quella Siciliana a cui abbiamo accennato). Harga è completamente illuminata in questo periodo dell'anno e questo non può non incidere sui suoi abitanti.
La comunità di Harga ha una storia lunga che radica il suo sapere nelle tradizioni. Questo paradiso in terra ha trovato la sua comunione con la terra a patto però di stare alle sue regole. L'antropologo Frazer nel Ramo d'oro parla di queste tribù "indigene" africane che uccidevano il re per assicurarsi la benevolenza degli Dei. L'aura regale che vestiva il re -quello che altrove abbiamo definito doppio corpo- gli garantiva il privilegio della sua posizione a patto che fosse cosciente del costo del suo privilegio. C'era la convinzione che se non si fosse ucciso il re ed istituito uno nuovo la terra non sarebbe più stata fertile o che sarebbero seguite calamità naturali simili.
Allo stesso modo gli abitanti di Harga hanno un patto con la terra, che rispettano e venerano con assoluto rigore. Concepiscono la vita "per stagioni": da 0 a 18 anni c'è la primavera, bisogna crescere e prepararsi alla vita adulta; dai 18 ai 36 anni si viaggia, si scopre, ed è l'estate; dai 36 ai 54 si lavora, ed è l'autunno; e dai 54 ai 72 c'è l'inverno, in cui si è maestri. Cosa c'è dopo l'inverno? Di nuovo la primavera! Il ciclo ricomincia. Allora cosa c'è dopo i 72 anni?
Non c'è oscurità ad Harga, ciò significa che tutto avviene alla luce del sole: figurativamente tutto è trasparente, tutti sanno e tutto è accettato. L'unica oscurità è quella che portano i visitatori americani che, ognuno a suo modo, cozzano con le tradizioni e i costumi del luogo: Josh vuole disperatamente fotografare il Ruby Radr: il loro libro sacro; Mark ingenuamente piscia sull'albero sacro degli antenati; Christian nella sua placida ingenuità vede troppo. L'unica è Dani, anche lei ricolma anzi traboccante di oscurità che viene però lentamente irradiata dalla potente e salvifica luce di Harga, a costo però che anche lei si conformi agli usi del Midsommar.
TEATRO, tra costume e sceneggiatura
La parola costume ha un duplice significato: da una parte indica la sfera dell'abbigliamento, un costume è una tenuta vestimentaria ben precisa con dei codici precisi, che se indossata comunica la tua aderenza ad un gruppo e ai suoi ideali. Dall'altra richiama la sfera dell'atteggiamento: si definisce costume l'insieme di pratiche rituali e tradizionali di una comunità. Come si usa dire: usi e costumi di una società. Entrambe le definizioni appartengono allo stesso campo semantico: quello del folklore, dell'antropologia, e sono preponderanti nel film. Il costume può essere inteso anche come teatrale, anche qui abbiamo due significati possibili: un costume materico, ossia letteralmente il costume, l'abito dei personaggi e la maschera; oppure la maschera intesa non come fisica ma concettuale, si può dire costume teatrale intendendo l'attività dell'attore di mascherarsi, di falsificare la propria identità, anche senza travestirsi. All'inizio del film Pelle, quando cerca di spiegare cosa andranno a vedere, dice: "It's like theatre". Più esplicito di così non si può: è come il teatro, falso, costruito.
Tutto ciò che riguarda il rito e la festa, è costruito. Non solo perché preparato nei minimi dettagli in anticipo ma anche perché è costruito nella nostra testa: si creano queste strutture inconsce per il quale per esempio a natale si fa l'albero, si addobba e ci si fa i regali. E' automatico, non bisogna organizzarlo, basta decidere come e dove ma la struttura già c'è. Il giorno di festa, che coincide con il sacrificio, e coincide quindi con il rigenerarsi della vita, è presente in ogni cultura, con sfumature e regole diverse in base all'evoluzione antropologica della società: nella nostra la domenica sancisce la morte della settimana consapevole che l'indomani rinascerà nel lunedì, e allo stesso tempo la domenica è il ricordo della morte di Gesù, nel mangiare la particola, che si è sacrificato per perdonare i nostri peccati. La nostra morale occidentale ci può portare a giudicare il sacrificio come un atto sbagliato, da "indigeni", ma io non giudicherei il sapere e la cultura degli altri popoli dando per scontato che il nostro pensiero sia quello corretto: visto quanto abbiamo distrutto, con questa mentalità, nella storia umana.
TEATRO, TEATRO, TEATRO: da sacrificio ad allegoria
Ogni anno preparano questa festa, la imparano da piccoli e crescono con essa, ed essa li forgia come uomini e donne di Harga. Ma per i visitatori non è tutto scontato, questo teatrino all'inizio molto carino passa velocemente ad essere buffo e gli attori appaiono ad alcuni oggetti di studio, ad altri stupidi giullari; poi viene lo shock, seguito dal terrore, ed ecco che il drama sale in un climax che porta la tensione dalle punte dei piedi alle doppie punte dei capelli, mentre gli occhi vorrebbero chiudersi ma non riescono: sei troppo curioso per rilassare le palpebre. Shock. Applausi in sala.
Se Harga è teatrale in senso lato, il film è teatrale, punto. C'è una regia, una scenografia, dei costumi, delle battute e per il nostro solo diletto anche sei stranieri, sei attori incosapevoli, caotici ma allo stesso tempo perfetti nelle loro parti. Ognuno rispetta il ruolo ad esso assegnato fin dall'inizio proprio come i giovani di Harga che in base a ciò che manifestano vengono indirizzati ed istruiti verso una precisa mansione. Se tutto questo stupendo teatro è allestito per ringraziare le divinità e offrire a loro nove sacrifici allora ecco che forse siamo noi le divinità per cui essi danzano: solo il pubblico, che determina gli incassi, può concedere ad Aster che ci sia un nuovo film, proprio come solo gli Dei possono concedere ad Harga un nuovo anno propizio. Tutto è teatro, tutto è allegorico, tutto è costruito, esagerato, iperbolico. Tutto è sublime: la morte come la vita.
di Ruben Carminati