Le mie mani, la mia vita
I.
Le mie mani non sono più mie.
La mia forza non è più nelle mie mani.
Forse non lo è mai stata, ma le mie dita non reggono il peso di questa penna e mi tolgono la voglia di scrivere.
Le mie dita non reggono il peso di questa forchetta e mi tolgono la voglia di mangiare.
Io non reggo il peso della debolezza e difatti, preferisco morire.
II.
Io marcirò in questa stanza, me lo sento.
Non riesco a uscire.
Non riesco a respirare.
III.
Certe notti mi sento così vicina alla soluzione.
Così vicina ad una qualche epifania che darà senso a tutta la mia sofferenza.
Ma non arriva mai.
IV.
La malattia strazia il mio corpo e la mia mente non riesce a stare al passo.
Dimentico i ricordi senza ricordare e riesco a pensare solo al dolore.
Soffro -direi che soffro- senza morire e l'indifferenza dei miei cari mi uccide.
V.
Cosa dovrei dire a chi mi chiede come sto.
La verità non ci appartiene.
Come distinguere la mera cortesia da un genuino desiderio di ascoltare.
Non che io sia capace di rispondere.
Hai mai chiesto a una montagna quanto di sé ha perso?
R.C.