La lingua

12.11.2024

Tutto tace. Tutto tranne il silenzio che urla senza sosta da diversi giorni, la stanza ne è infestata. Il sole è ancora troppo stanco per alzarsi, ma posso vedere gli uccelli che popolano le fronde degli alberi ancora bagnati, bronchi e bronchioli del nostro tubercolotico pianeta.
Cosa sono questi battiti in lontananza? Non il tossire della terra! che ha tutt'altro suono, forse il suo battito cardiaco? No, sembra troppo vicino per provenire dalle viscere di questa vecchia roccia. Sarà qualcuno là fuori che, ricolmo dell'ebrezza di chi la vita l'assapora, colpisce con forza, tanta forza quanto forte è il sentimento che la muove, contro un qualcosa. Speriamo non ne soffra, non se lo merita.

I libri, chiusi nelle loro colorate rilegature, concettualmente posizionati e ordinati sugli scaffali, urlano straziati il loro dolore. Qualcuno bussa dall'armadio -bum, bum, bum- ma ho paura di scoprire cosa sia, allora faccio finta di non capire: -da dove arriva questo battito ad intermittenza?
Il soffitto in legno si è gonfiato per la troppa acqua. Ora, gonfio e ricurvo, scende verso di me minaccioso: eppure non dice una parola, scandisce il tempo con il suo rumoroso gocciolare. Il pavimento è bagnato, la stanza si è ristretta come un panno dopo un errato ciclo di lavatrice. Devo scegliere tra annegare, morire schiacciato oppure controllare nell'armadio. Il bussare si fa più intenso -boom, boom, bu-boom- e più fitto -bu-boom, bu-boom, bu-boom-. Penso che morirò schiacciato, non per mia scelta, ma per mia nonscelta, per l'incapacità tutta maschile di prendere una decisione, il che in fondo è una ben precisa decisione.

Sto decidendo cosa fare... lo spazio per i miei pensieri si è fatto angusto ed il mio corpo è ormai sepolto come Atlantide. D'un tratto s'apre la porta dell'armadio: una mano m'afferra e mi tira dentro. -Shhh!-, non dico una parola, è tutto buio. Mi rendo conto che ho dimenticato gli occhiali sulla scrivania ma è troppo tardi per tornare indietro, sono faccia a faccia con qualcuno. Non lo vedo ma sento il suo respiro, non so chi sia ma profuma di buono, vorrei morderla. Una mano mi tasta, scende dal collo fino alla mano sinistra, passando per zone sospette, l'afferra e mi trascina giù per la rampa di scale.
Corro trasportato dalla foga della mia guida mentre conto i gradini nella speranza di non inciamparmi, arriviamo sul fondo, è ancora tutto buio. Erano 144 gradini. Sono stanco, sfinito, ma la mia metà accende un fiammifero, intravedo i suoi occhi colore del grano, raccolgo il coraggio per chiederle come si chiama, ma appena accenno ad una parola spengo accidentalmente il fiammifero, e la corsa riparte. Arriviamo su di uno spiazzo che dà sul mare: è tutto buio ma sento le onde che si frangono sulla costa. Altri 112 gradini, totale 256 gradini. Mi sussurra -vedi questo albero? Le rispondo che vedo solo il buio. -Tendimi la mano, ora lo senti? -Lo sento, ma che lingua è questa? -La mia.
Non avevo mai provato nulla di simile.