L'arte di uccidere

03.06.2024

Un architetto pluriomicida con una tendenza ossessivo compulsiva prova a spiegare come la sua attività non sia brutale ma piuttosto artistica. Nel mentre cerca di costruirsi casa.

"Dividerò provvisoriamente il mio racconto in cinque incidenti scelti a caso in un periodo di dodici anni"


1° INCIDENTE

Incontra una noiosa e boriosa bionda: ha la ruota bucata e il cric rotto. Jack le da un passaggio, poi due, poi tre, poi basta.

2° INCIDENTE

Vuole entrare in casa di una signora, la porta è bloccata da fuori: suona al campanello e si finge un poliziotto, la signora non si fida ma si rassicura un po' quando scopre che Jack può raddoppiarle la pensione. 

3° INCIDENTE

Frequenta una donna, porta lei e i suoi due figli nel bosco: mostra loro le armi, parlano di caccia e della sua brutalità. Alla fine si gustano un picnic ma solo Jack sembra gradire il pasto.

4° INCIDENTE

Si presenta con una stampella, "un trucco molto utile se vuoi sembrare indifeso", a casa di Jaqueline, una ragazza per cui prova "più sentimenti di quanto uno psicopatico dovrebbe poter provare". Prima la coccola, poi la insulta ed infine le dimostra l'indifferenza dell'umanità.

5° INCIDENTE

Ha un uomo vivo nel retro del van, lo porta nella cella frigorifera, altre quattro persone sono legate, in ginocchio, e poggiano le teste uno affianco all'altro: Jack vuole fare un piccolo esperimento ispirato alle tecniche di economia bellica tedesca durante la seconda guerra mondiale. Il proiettile non è incamiciato, torna da Al per cambiarlo ed incontra una serie di imprevisti.


ATTENZIONE SPOILER

PREFAZIONE

Secondo internet, Hybris: presso gli antichi Greci, l'orgogliosa tracotanza che porta l'uomo a presumere della propria potenza e fortuna e a ribellarsi contro l'ordine costituito, sia divino che umano, immancabilmente seguita dalla vendetta o punizione divina.

Le Hybris qui sono due: quella di Jack che pretende di essere artista e quella di Lars Von Trier nel rilavorare sulla Commedia di Dante. Tre, se contiamo il mio tentativo di portare a termine quest'articolo.

La commedia è un genere teatrale che nasce con la cultura romana, prima vigeva il dominio della tragedia greca, le due si differenziano non solo nella forma ma anche nell'obbiettivo: se la tragedia doveva istruire e purificare, la commedia o il ludos doveva intrattenere e divertire. Un chiaro spostamento dal capire al fruire.

La cultura italiana che deriva e si forgia sulle basi di quella romana è intrisa di un elemento teatrale molto forte. Belpoliti faceva notare a lezione come già la struttura morfologica dell'Italia richiama una dimensione teatrale, essendo strutturata sulla costante presenza delle montagne alle spalle, che costituiscono una sorta di quinta teatrale, al quale si oppone l'apertura verso il mare: la quarta parete. Il teatro come il cinema, come i quadri e l'arte visiva classica in generale sono aperti sulla quarta parete: il pubblico. Quest'apertura implica l'atto del guardare e quindi dell'essere guardati. E la professoressa Mazzoleni diceva che secondo alcuni si può dire teatro ogni qualvolta c'è qualcuno che guarda e qualcuno che è guardato, questo renderebbe il teatro l'arte primigenea e onnipresente: questo stesso scritto è teatro, è scritto partendo dalla concezione che qualcuno lo guarderà e perciò consciamente o no, è falso, costruito a tavolino per voi. Più lo leggo meno mi piace: non è sincero, non è utile, è un inutile sfoggio di conoscenze e di capacità. (questo articolo è stato successivamente modificato e in parte riscritto, e temo che il tono orgoglioso e spavaldo sia stato sostituito da uno più cupo e triste, me ne dispiaccio, ma ora l'articolo ha un obiettivo, un senso, un'anima.)

Ho già detto altrove che credo il teatro sia ovunque, chiunque, comunque. Ma non so se vi ho convinti, se non l'ho fatto, ancora possiedo il lusso di ingannarvi; se l'ho fatto allora tutto assumerà una nuova luce, con il tempo percepirete gli strati e levando lembo per lembo le maschere che vesto, mi vedrete: vi chiedo solo di avere cura di me, sono debole, fragile. Nel mentre io mi occupo d'altro: ho intenzione di setacciare il dialogo tra Jack e Virgilio per separare la Hybris dalle piccole verità che ha deformato, ingigantito e rovinato. 

E' ora di levare la maschera a Jack e di sentenziarlo qui in una pubblica inchiesta. Durante il processo incontreremo tanti temi e ne discuteremo con leggerezza e, spero, un po' d'acutezza.


SMASCHERARE JACK

Hybris e Solipsismo

Dopo aver distrutto il viso di Uma Thurman con il cric Jack mostra a Virgilio Glen Gould, uno dei più grandi pianisti della storia: "lui rappresenta l'arte". "Dunque: un cric in faccia ad una signora chiaramente insopportabile era grande arte, dovrei concludere?", "Signor Virgilio la prego di darmi la possibilità di gettare una luce supplementare sulla storia del cric. Le antiche cattedrali spesso contengono sublimi opere d'arte nascoste negli angoli più bui che solo Dio può vedere, o in qualunque modo si voglia chiamare il grande architetto che ha realizzato il progetto. Lo stesso vale per l'omicidio". Jack cerca di convincere Virgilio, e se stesso, che tutto ciò che ha fatto è nato da un impulso artistico, e lo fa sfruttando le sue capacità retoriche che gli danno l'agio e la naturalezza di storpiare, deformare dei concetti molto forti, come quello della cattedrale (l'opera d'arte totale), di cui si appropria e ne fa argomentazioni per sviluppare la propria tesi. Di questa prima frase riportata colpisce il finale: "Le antiche cattedrali contengono sublimi opere d'arte nascoste negli angoli più bui che solo Dio può vedere, o in qualunque modo si voglia chiamare il grande architetto che ha realizzato il progetto. Lo stesso vale per l'omicidio". Associa prima la capacità di vedere la totalità dell'arte a Dio, poi usurpa Dio dal suo trono per riporci l'architetto ed equipara infine l'architetto, artista massimo, all'omicida. Asserisce quindi che solo l'artista può conoscere a pieno la sua arte, ed essendo Jack un artista, solo lui può comprendere la sua arte, che è l'omicidio: il sillogismo gli pare semplice ed efficace. Prima sposta la comprensione totale dell'arte da Dio, ossia un ente esterno, a noi stessi: ecco qui il solipsismo; poi investe l'artista del ruolo divino: ecco la Hybris. Sì, creare è un atto divino ma, no, l'artista non è Dio. E, sì, l'arte è comprensibile nella sua totalità solo dall'artista, ma ciò che non esce dal sé, per darsi all'alterità, è solo puro solipsismo e cessa per ciò di essere arte.

Continua poi Jack: "L'arte ingegneristica prima di tutto riguarda la statica perché gli elementi devono rimanere in piedi nonostante le varie forze che impattano sugli edifici. In tal senso gli archi a sesto acuto hanno dato la possibilità di costruire strutture più alte e con molta più luce ma soprattutto con minor uso di materiali. Dico spesso che il materiale compie il lavoro. Ha una specie di volontà propria e rispettandola il risultato sarà estremamente raffinato".  In questa seconda parte dello stesso monologo Jack parte mostrando il suo bagaglio culturale come ingegnere, la sua conoscenza radicata nella verità, e la usa per introdurre una sua frase, presupponendo che sia anch'essa vera: "Dico spesso che il materiale compie il lavoro. Ha una specie di volontà propria e rispettandola il risultato sarà estremamente raffinato". Quindi, tirando le somme: parte attribuendo a Dio la comprensione totale dell'arte, poi sostituisce a Dio l'Architetto ed equipara l'Architetto all'Assassino, quindi a se stesso. Per poi proseguire dimostrando le sue conoscenze e concludere dall'alta posizione di Dio-Architetto-Assassino con una frase che io credo contenga un fondo di verità: il materiale è vivo e l'artista non può domarlo. Tutto questo solo per giustificare il fatto che ha maciullato il viso di una donna all'interno del suo furgone.


Virgilio l'analista, prima seduta: narcisismo

"Ero un bambino molto sensibile, con una profonda paura di giocare: per esempio a nascondino invece di nascondermi preferivo sempre fuggire, quasi nel panico, tra le canne". Qui Jack cerca di corrompere il giudizio di Virgilio mostrandosi come una vittima, come un fragile e spaventato bambino, e lo possiamo vedere nell'astuta scelta di parole. Ma Virgilio coglie l'occasione di questo suo sbilanciarsi ed evidenzia che: vede "qualcosa di diverso da un bambino spaventato. [..] La scelta della corsa attraverso le canne era una fuga ma anche un aperto invito all'inseguitore". L'acutezza di Virgilio mette in luce un carattere determinante per provare a leggere Jack: innanzitutto sposta subito lo sguardo dall'immagine del bambino spaventato, che Jack aveva disegnato, verso un "qualcosa di diverso", poi sottolinea il duplice carattere del suo scappare che è sì, una fuga, ma anche un'aperta richiesta d'attenzione. Jack non è spaventato, si finge tale, Jack vuole essere visto, ha bisogno di essere visto, vuole essere cercato: il canneto è il palco scenico, e la fuga è l'apertura verso il pubblico.


Le fotografie

Jack ha preso l'abitudine di fotografare i cadaveri, e così fa dell'arte sulla sua arte: una foto non al cadavere ma all'opera. Poi inizia ad inviare alcune foto al giornale locale firmandosi Mr. Sophistication: l'immagine diviene linguaggio, comunicazione. Le invia per mostrarsi, per essere visto e per comunicare, cosa? Di sicuro il fatto che esiste. E' come dire ad alta voce in un luogo in cui tutti possono sentirti (il giornale): tutti quegli omicidi li ho fatti io, Mr. Sophistication. Non vuole essere scoperto però è pronto a correre il rischio pur di far sapere agli altri che è tutta opera sua

Si rende necessaria una digressione: teniamo ben presente che l'intero film fino all'epilogo non è per noi, "non è" regia di Lars Von Trier ma di Jack, il film di Trier va in ordine cronologico ma il film di Jack no, c'è un montaggio che unisce infanzia, "incidenti" e citazioni. Jack mostra questo film a Virgilio e assieme ne commentano le immagini: Jack per scagionarsi, Virgilio per contenere l'ego di Jack. E noi siamo spettatori del commento degli spettatori del film, il film è un metafilm: il film di un film con commento, un film sul significato del film. E quello che io faccio qui, su queste pagine, è un intervento non sul film quanto più sul commento al film: mi inserisco liberamente in un tunnel metaartistico aperto da Trier che non è possibile chiudere: come un Wormhole. Questa è la postmodernità, l'appiattimento spazio-temporale dell'intera esistenza: non c'è più tempo, non c'è più spazio, tutto è qui e ora sullo schermo. E come Trier rilavora sulla Commedia di Dante io rilavoro su La casa di Jack di Trier e chissà se qualcuno un giorno rilavorerà su L'arte di uccidere di Ruben Carminati. Una cosa è certa: La Commedia è l'origine, il capolavoro irriproducibile, di Casa di Jack c'è ne possono essere tante e di L'arte di uccidere anche di più.

"Quando avevo 10 anni ho scoperto che attraverso il negativo vedi la vera qualità demoniaca della luce". Questo è un punto molto interessante, abbiamo visto la luce nelle tre recensioni dell'edizione "il Delirio", dove abbiamo incontrato una luce maligna, seducente fino alla corruzione, e non avevo minimante preso in considerazione il negativo fotografico. E se la luce nascondesse davvero un essenza demoniaca? Alla fine la fonte prima di luce, ossia il Sole, se provassimo ad avvicinarcisi ci distruggerebbe. Jack usa questa frase (in grassetto) per mettere in discussione l'essenza del bene e del male asserendo che anche in ciò che è bello si nasconde del male e quindi parallelamente che anche in ciò che sembra male può esserci qualcosa di bello.


Il materiale

"Il concetto di famiglia ha ispirato una delle mie opere migliori", vediamo un po' quest'opera:

Parla con il figlio della ragazza con cui esce: "Il perverso e contorto atto della caccia è stato ritualizzato a un livello inquietante. La battuta per esempio, dove una fila di battitori può spaventare a morte un intera foresta; per non parlare della parata dei trofei dove ogni specie ha un suo posto tradizionale". Questa frase è esemplare della falsità di Jack e della facilità con cui usa le parole per convincere e corrompere. Questa scena è un paradosso unico: porta una famiglia nel bosco per la caccia, vestito da caccia e con i fucili, poi agogna la caccia come un atto spregevole e dice che loro oggi non cacceranno, poi porta il figlio più grande sulla torre, lo fa sparare, ed infine lui caccia loro per poi esibire le sue prede proprio come nella parata dei trofei. Capiamo ora però una cosa importante: l'arte per lui non è tanto nell'atto di uccidere, quanto più nel significato e nella forma che assume il corpo postumo. Per questo i corpi vengono conservati e poi lavorati: i corpi sono il materiale. Le foto l'opera d'arte.

"Quelli molto bravi nella tassidermia riescono a far sembrare vivi gli animali cambiando la loro espressione e posizione. Ho scoperto che se intervenivo subito dopo il rigor mortis e prima di congelare i corpi potevo modificare la loro espressione e posizione. Brontolo non era più brontolone." Ora Jack scopre che può modellare e deformare il suo materiale per conferire alle opere la forma che desidera.


Seconda seduta: La misoginia 

Virgilio chiede: "Perché c'è sempre tanta stupidità?", "chi è stupido?" replica Jack. "Tutte le donne che uccidi mi colpiscono per un oggettiva mancanza di intelligenza", più si avvicinano verso il fondo della terra più Virgilio va a fondo dentro Jack e in questo dialogo riesce delicatamente a smascherarlo. "Ho ucciso anche uomini", risponde evasivo, cambiando discorso perché intuisce che Virgilio ha toccato un tasto dolente. "Ma parli solo delle donne stupide, a meno che non pensi che tutte le donne siano stupide. Ti senti superiore alle donne e vuoi vantartene? Ti eccita molto, non è vero, Jack?". Virgilio sottolinea che, consciamente o no, di sessanta e passa omicidi Jack parla solo di quelle donne stupide che ha ucciso senza doversi impegnare troppo. Sarebbe bello poter esaminare il rapporto con i suoi genitori ma nei flashback dell'infanzia Jack è sempre solo. Forse non è tanto amato dalle donne e quindi sfoga la sua frustrazione sessuale fisicamente su di loro? Ma no, non può essere, nel terzo e nel quarto incidente si trova assieme a delle amanti: alle donne piace, allora cos'è? Perché? Io non lo so. Forse c'è della misoginia intrinseca in tutti noi, ereditata culturalmente, e Jack qui non è il peggiore tra gli uomini, ma solo il nostro capro espiatorio.


La decomposizione e le icone

"I corpi della mia collezione sono stati in gran parte congelati subito dopo la morte. Tuttavia penso che qualcuno di loro, per caso, avesse raggiunto almeno un certo grado di putrefazione". Mr. Sophistication "sostiene con forza che lo scopo ultimo dell'essere umano non si realizza prima della morte, ma dopo". "Tu riduci tutto ciò che è umano alla materia, e in quel modo, la vita sparisce e assieme ad essa l'arte, a cui dai tanto valore.", "Virgilio, sei un vecchio bastardo amareggiato, uccidi l'arte imponendo le tue regole morali sulla vita. Ma io voglio liberarla, perché l'arte è immensamente più vasta di quanto potremmo mai capire. Posso spiegare ora?  Al fine di ottenere la dolcezza più sublime e i vini più pregiati, la natura ci ha fornito vari metodi. Le tre più comuni forme di decomposizione sono: gelo, disidratazione e un fungo con un nome misterioso e affascinante: la muffa nobile. Il primo metodo è quello che in Germania si usa per produrre l'Eiswein. Il metodo consiste nel lasciare i grappoli sulla vite tanto a lungo che siano esposti al gelo un certo numero di notti prima di essere pressati. Il secondo metodo si chiama Trockenbeeren, i grappoli vengono lasciati sulla vite finchè non si essicano e diventano praticamente uva passa. L'ultimo metodo è un tipo di muffa che rende corposi gli acini e aumenta in modo esplosivo il grado zuccherino. Si potrebbe dire dei tre processi che è il degrado a nobilitare il grappolo vivo fino a farlo diventare un opera d'arte. Puoi vedere il processo che comincia in un essere umano dopo la morte nella stessa maniera". "Lo dici tu e io dico ancora che senza amore non c'è arte"

Qui i nostri protagonisti si fronteggiano sulla definizione di arte, Virgilio la cerca nella vita, nell'amore, nella bellezza: classica definizione di arte; Jack nella putrefazione post mortem, indicando come certi materiali debbano prima appassire per poi essere resi opera d'arte. Mi inserisco in questa discussione portando le mie tesi: arte è una parola complessa, ricca di significati e di sfaccettature, per questo definirla è complicato. Se è vero che tutti gli esseri umani sono esseri più o meno sensibili (come detto in CLIMAX), possiamo definire l'artista come essere più o meno ipersensibile. Questa sensibilità, più acuta rispetto alla norma, gli consente di percepire un "qualcosa" e di tradurlo attraverso la propria lingua artistica (scusate se vado veloce ma non c'è spazio per approfondire e dimostrare, prendete tutto con le pinze). Lo scopo dell'artista è semplicemente quello di comunicare: percepisce un qualcosa che lo stupisce/turba e vuole condividerlo, deve condividerlo. Senza la condivisione l'arte degrada nel solipsismo, come detto anche più sopra. L'opera d'arte è diversa dall'arte: se è vero che tutti gli atti di creazione sono atti artistici significa che tutte le opere d'arte contengono l'arte, allora perché alcune opere ci colpiscono, altre no? Io credo che l'arte sia in ogni creazione ma che proprio perché c'è a priori, dev'essere individuata: quando percepisco l'arte in un opera lo sento, in quel momento e solo in quel momento io sto percependo quello che l'artista voleva comunicare: non bisogna entrare in un museo nel tentativo di individuare l'arte di tutti i quadri (Hybris del critico d'arte), bisognerebbe essere convinti che ovunque c'è arte e perciò renderla una cosa ordinaria e scontata, cosicché nel momento in cui si percepisce l'arte in un opera, questa ci colpisca e travolga in una maniera così delicata da farci tremare le interiora e solo così potremmo percepire concretamente la nostra sensibilità. Jack sicuramente ha un approccio artistico, autoimposto o spontaneo questo non lo so, ma con chi comunica la sua arte? Le sue opere d'arte? I corpi rimangono nascosti, manda giusto qualche foto che non fanno altro che scatenare il panico. C'è arte nel degradamento, questo è certo per me, ma se è l'arte a degradare si ha solo solipsismo.

"Albert Speer ha formulato la teoria del valore delle rovine studiando le rovine greche e romane e ha costruito i suoi edifici usando sia materiali deboli che resistenti, in modo che, dopo mille anni, sarebbero apparsi come delle rovine esteticamente perfette". Questo per me è ridicolo, non c'è arte se la bellezza vince sull'impressione generatrice, l'arte nasce da un bisogno espressivo non dalla ricerca del bello; un opera dev'essere concepita nel suo splendore e nella sua funzionalità, non in relazione a cosa sarà dopo mille anni: mi sembra una ricerca di perfezione formale vana che trascura la vera essenza dell'architettura: essere funzionale e quindi duratura. "Che fortunatamente sono state rase a zero qualche anno dopo la loro costituzione. Hybris è punita da Nemesis". Esatto, lui che ha costruito l'edificio per far si che una parte di esso durasse più a lungo dell'altra, in modo da ottenere una rovina perfetta, ha ottenuto una rovina completa. "Ma un artista dev'essere cinico, e non preoccuparsi dell'appagamento degli esseri umani e degli dei nella sua arte. Questo discorso sul valore delle rovine lo rende troppo ovvio, per non parlare del valore delle icone.", non è vero che un artista dev'essere cinico, può esserlo, che è ben diverso, di sicuro oltre che cinico Jack è vanitoso, arriva addirittura a distaccarsi dagli "esseri umani" e dagli "dei". Lui non si sente ne umano, ne divino, ma Artista che a quanto pare per lui sta un gradino sopra a tutto, per me NO.

"Lo Stuka, senza dubbio il più bel aereo del mondo, possedeva uno strano e sofisticato particolare. [..] Lo Stuka era un bombardiere in picchiata. Dicono che i piloti svenissero per un attimo durante la discesa a picco. [..] Nota il suono quando l'aereo va a picco. [..] Il suono stridente era intrinseco. Venivano montate delle sirene sul carrello di atterraggio dell'aereo, appositamente progettato come un atto di guerra psicologica. Nessuno che lo sentiva in azione avrebbe mai dimenticato quel suono. Era noto come le Trombe di Gerico", "sadico, ma ai tuoi occhi probabilmente un capolavoro". "No, più di un capolavoro, un icona. La persona o le persone che hanno progettato lo Stuka erano creatori di icone, ecco dove voglio arrivare: per quanto sia poco incline il mondo a riconoscere la bellezza del decadimento, è altrettanto poco incline a dare credito a quelli, no, nessun credito a noi che creiamo le vere icone di questo pianeta."  Le icone nascono con la cultura cristiano ortodossa e si basano sul culto delle immagini: certe immagini come quella della madonna col bambino erano icone, cioè fatte in una precisa maniera, secondo dei codici, e idolatrate, rese sacre. Nella nostra società le icone sono ovunque, basta aprire instagram ed eccole qui di fronte che ci parlano. Quello che Jack fa è un tentativo di dimostrare come le icone vivano anche nel "male", ma io direi pacatamente al signor Jack che lo Stuka, che al suo passaggio fissa nella mente delle persone una precisa immagine indelebile, non è un icona, ma un trauma.

"Dato che ora apparentemente ti sei prefisso come scopo lo sterminio di massa, fammi fare un commento sul campo di Buchenwald, che rispecchia il mio atteggiamento verso l'arte e l'amore. Nel mezzo di questo campo di concentramento si ergeva un albero, e non un vecchio albero qualsiasi, ma una quercia, e non una quercia qualsiasi, ma quella sotto la quale Goethe, da giovane, si sedeva e dove scrisse alcuni dei lavori più importanti dell'umanità. Goethe, in questo caso puoi parlare di capolavori e del valore delle icone. La personificazione dell'umanità, dignità, cultura e bontà era, per uno scherzo del destino, nel mezzo di uno dei più grandi crimini contro l'umanità di tutti i tempi". Bellissimo come Virgilio si alteri ma riesca comunque a rimanere completamente indifferente alle parole di Jack, non gli risponde, non lo smentisce come provo a fare io, lo ascolta e poi dice la sua: "fammi fare un commento sul campo di Buchenwald, che rispecchia il mio atteggiamento verso l'arte e l'amore", che finezza! con una sola frase scredita tutte le teorie di Jack rilegandole ad un "atteggiamento verso". Dicendo il MIO atteggiamento, implica che c'è un TUO atteggiamento, e che alla fine l'argomento è totalmente soggettivo. Mi permetto però di tornare su ciò che dice Virgilio per annotare un piccolo particolare: la presenza dell'albero di Goethe nel campo di Buchenwald è certamente una casualità, ma disegna un immagine che non è molto lontano dal reale: volente o nolente Goethe ha segnato nella cultura tedesca l'inizio emblematico di un lungo susseguirsi di personalità geniali, dal campo dell'arte a quello della matematica, che hanno plasmato ed indicato la strada della Germania che è poi derivata nel nazismo e quindi nell'olocausto. Quell'albero in quel posto è perfetto perché da una parte rappresenta una radice di speranza e di amore in un posto dimenticato da Dio e dall'altro perché ricorda che le atrocità umane derivano anche da un'incapacità di controllo della conoscenza.


Qualcosa non torna..

Ora Jack deve comprare un proiettile incamiciato per carabina da Al, che misteriosamente cerca in tutti i modi di non darglielo; prima gli urla contro e poi rinuncia: guida verso casa di un amico per chiederlo a lui. S.P. vuole venderlo alla polizia che crede sia coinvolto in una rapina, ma Jack è troppo svelto con le parole per farsi incastrare.  Mi pare interessante soffermarsi un attimo su queste scene riassunte da me in poche righe, Al è spaventato: tergiversa cercando in tutti i modi di non dargli il proiettile incamiciato. Da qui deduco che Al abbia scoperto qualcosa, oppure abbia dei sospetti sulla vera identità di Mr. Sophistication, se non questo cos'altro potrebbe spaventarlo a quella maniera? A quanto pare una rapina: S.P. gli dice che la polizia sa.. della rapina. Ma quale rapina? Quella che avveniva mentre lui strangolava la signora del secondo incidente? Come è possibile che la rapina abbia suscitato tutta quella angoscia in Al, e come mai S.P. che sembra un uomo vissuto, abile con l'arma da fuoco in mano, va subito in allarme e informa le autorità per una semplice rapina? Da grande amico ad infame in un colpo di telefono? Ora che ci penso c'è altro che non torna, come aveva acutamente sottolineato Virgilio: come mai Jack parla solo di donne stupide? Anche la polizia in ogni incidente sembra completamente incapace. Tutti nel racconto sembrano stupidi, poco riflessivi, tutti tranne Jack; ma non è che forse questo racconto non è oggettivo? Abbiamo già visto sopra come fino all'epilogo il film sia di Jack, narrato e mostrato da lui, secondo il suo punto di vista: ma non è che è giusto una storiella? E' successo tutto realmente? E' una bugia? Un infiorettatura? Un sogno? Un delirio di un paziente psicopatico?


Smascherato

Jack riesce a tornare alla cella frigorifera lasciando traccia della sua fuga. Ora ha le vittime, il proiettile, il fucile: mira ma non riesce a mettere a fuoco. E' troppo vicino, deve aprire la porta sigillata fin dall'inizio del film: si ingegna e ci riesce. Tutto d'un tratto la porta che era impossibile aprire si apre, come se niente fosse, e lui non è stupito anzi tutto è normale (come in sogno: le cose si presentano solo nel momento in cui servono). Si apre una stanza buia, luci spente, Jack prende le misure e riposiziona la carabina, si china, prende la mira e ora è a fuoco, appoggia il dito al grilletto e dal fondo della stanza una voce lo chiama: "Ei, Jack", accende la luce: "come sei entrato qui? cosa vuoi?", "per come la vedo io sei stato tu a chiamarmi. [..] Ho solo una domanda, non c'era una storia in cui volevi costruire una casa? Non voleva Jack costruire una casa?", "sì, io ci stavo.. provando".  Virgilio lo chiama dal buio, questa è la prima scena della fabula, gli fa notare un piccolo particolare: lui, il grande artista, non voleva semplicemente costruire una casa? Dov'è la sua grande opera? Dov'è la grande casa dell'Architetto-Dio? Ed eccolo il grande Jack reso minuscolo da una semplice domanda, eccolo un sognatore, un chiacchierone, che si credeva grande ed è stato punito. Il grande architetto Jack che "ci stava provando.." ma non è riuscito a concludere nulla. "Dopotutto sei un ingegnere e ti definisci architetto.. mi è stato detto che hai un interessante teoria a proposito del materiale, che ha una sua volontà. Trova il materiale Jack, e lascia che faccia il lavoro", Jack si guarda attorno e poi la costruisce: la sua casa, la casa di Jack.  Buffo come sia Virgilio ad indicargli la via, a spronarlo a costruire la casa, Virgilio: l'artista, il mentore, la guida. Infine entrano nella casa e si incamminano verso il centro della terra.


Tutto è finzione

L'inquadratura è ridotta ad un cerchio al centro dello schermo, rumore dell'acqua, buio. Il film riparte dal primo dialogo, nuovo punto di vista. "Mettiamola così, pochissimi fanno tutta la strada senza proferire una parola". Jack e Virgilio, entrambi dentro la propria bolla scendono verso il fondale marino: Virgilio scende più velocemente, sembra più pesante, come se fosse più ricco di Jack, più vivo ed etico: come un masso. Però la bolla di Jack man mano che si avvicina al fondo prende sempre più velocità come attirato dal centro della terra. Arrivano sul fondo assieme, dopo quel fondo c'è un altro fondo: si trovano in una grotta piena d'acqua. "Senti anche tu una specie di ronzio?", "sì, e non credo tu voglia sapere da dove proviene", "voglio sapere tutto".  Virgilio sta portando Jack all'inferno, ma per arrivarci devono prima passare dall'acqua e poi attraverso la grotta. L'acqua simbolo onirico materno, arricchito dalla vista, anche se ridotta a cerchio, e dall'udito del gorgogliare (vista e udito sono i sensi più importanti per la creazione di impressioni oniriche) e la grotta, allegorico simbolo degli antenati nella storia della letteratura, come nella cultura popolare (scavare dentro la montagna è come scavare nella memoria, nella conoscenza di chi è venuto prima di noi). Entrambi, l'immagine della madre e quella dei nonni, sono come i due giudici a cui ora Jack va incontro, ignaro del posto in cui Virgilio lo sta conducendo. "Voglio sapere tutto", ecco qua di nuovo la prova concreta della sua Hybris, ma chi è allora la sua Nemesis? Virgilio? Può essere. Come può anche essere che Virgilio sia solo una guida, ma una guida saggia questo è certo.


Virgilio

Lungo il percorso una finestra da su un campo d'orato, "questi sono i campi elisi, a noi non è permesso entrare". Jack piange, poi rivede tutte le sue vittime venirgli alla coscienza, che è un po' come se vedesse la propria vita. Ora sa dove Virgilio lo sta portando.

"Quello è il punto più profondo dell'inferno, non è qui che ti consegnerò, ma un paio di cerchi più sopra. Ti ho portato quaggiù per farti un favore, perché mi sono accorto che volevi vedere tutto", "dove porta quel sentiero là?", "conduce fuori dall'inferno, di sopra. Una volta c'era un ponte vedi, ma è stato prima dei miei tempi". "E' impossibile arrampicarsi e arrivare dall'altra parte?", "molti ci hanno provato ma devo dire mai con successo, io non te lo consiglio, ma la scelta è tua." "Farò un tentativo".  Fino all'ultimo Jack crede di poter essere meglio di tutti, di poter fare ciò in cui nessun altro è riuscito. Ma non è più Jack ad interessarci, ormai non è più un mistero per noi, al contrario Virgilio mi pone degli interrogativi: perché ha portato Jack lì? Era quello il girone in cui doveva consegnarlo e ha lasciato che fosse lui di sua spontanea volontà ad andarci? Oppure davvero doveva consegnarlo più sopra ma sapeva che lui si meritava di andare nel punto più profondo? E ancora, Virgilio è solo una guida? e se il lungo cammino assieme e le tante chiacchiere gli servissero per giudicare i suoi accompagnatori e capire dove portarli? Tante domande a cui non so rispondere, magari un giorno tornerò su questo film cambiandone il punto di vista, parlando di Virgilio, e chissà che scopriremo qualcosa nuovo. Nel mentre spero questo articolo vi sia piaciuto perché è ormai giunto al termine, e senza sprecare altre parole direi: fine.

di Ruben Carminati