Il diritto di morire

24.01.2025

<<La vera opera d'arte nasce "dall'artista" in modo misterioso, enigmatico, mistico. Staccandosi da lui assume una sua personalità, e diviene un soggetto indipendente con un suo respiro spirituale e una sua vita concreta>>¹

Eccoci arrivati alla fine di questa rubrica! Siamo partiti dal corpo umano, analizzando il movimento e il limite, e siamo arrivati all'arte, solo passando attraverso l'amore. Ora torniamo al corpo, ma non più quello umano, piuttosto quello dell'arte. Il corpo, qualunque sia la sua forma, dimensione e colore, ad un certo punto involontariamente nasce e convive con la volontà di tornare allo stato inorganico originario finché la morte non esaudisce il suo desiderio da tempo nascosto e negato. Purtroppo però l'uomo, violento ed insensibile, si è arrogato il diritto di scegliere per gli altri corpi quando vivere e quando morire.

Oggi vediamo in che modo l'uomo abusa dei corpi che non riconosce come tali.

¹| Lo spirituale nell'arte, VASILIJ KANDINSKIJ


Siamo partiti parlando di uno stupro, evidenziando come quell'uomo, privo di sensibilità (in quel momento) non abbia riconosciuto Alex come una persona e abbia fatto di lei ciò che voleva, decidendo per lei persino il momento della sua morte. Tutto questo l'abbiamo giudicato come sbagliato, mostruoso e tanti altri aggettivi negativi; certo io ho provato a vedere la cosa da un punto di vista imparziale e sensibile ma non è questo che ci interessa ora. 

Faccio quattro passi indietro (con tanti auguri) e provo a parlare in breve del mercato dell'arte di cui potete trovare un accenno in Asteroid City nel paragrafo finale e forse anche in qualche altro articolo che ora mi sfugge. L'inevitabile ingresso dell'arte nelle dinamiche della nostra realtà capitalistica ha dotato l'arte di un cartellino, un cartellino sul quale vi giace il prezzo dell'opera. Il prezzo dell'opera, che non mi è ancora ben chiaro in base a cosa venga determinato, ha la capacità di soffocare e silenziare il valore dell'arte, un valore che non ha nulla a che fare con i soldi e proprio per questo è un valore privo di valore. Morris diceva che "costruire una cattedrale è già come pregare" un concetto oggi incomunicabile, non perché manchino le parole per dirlo ma perché mancano le orecchie per sentirlo. E di tutte le negatività che si potrebbero evidenziare del prezzo delle opere ce né una che mi sembra essere sempre trascurata, o forse addirittura mai considerata perché non percepita.
Se ora andassimo per le strade a chiedere che cosa sia un museo, probabilmente la risposta generale sarebbe: un luogo dove le opere, i reperti e gli oggetti in generale vengono custoditi, esposti, glorificati. Mi chiedo: le opere camminano e vivono libere nel museo? Forse giusto la notte quando la tavola di Ahkmenrah si illumina e Ben Stiller fa da guardia al quieto vivere dei coinquilini nervosi. Ma normalmente penso si possa dire di no. Le opere vivono costrette entro quattro mura spesse e tendenzialmente staccate da terra, elevate verso il cielo per via del potere che la cultura veicola nella nostra società di colonizzatori. E non solo, sono addirittura chiuse entro teche di vetro, gabbie di asfissianti dimensioni, a detta loro: "barriere protettive". Nulla di più ipocrita in un mondo che accetta che le persone muoiano di fame o sotto le bombe mentre la Monnalisa non può essere sporcata con della zuppa! Le opere devono essere protette, devono essere fotografate dalla giusta distanza, come delle star di Hollywood che abbassano la testa e accennano un sorriso da dietro gli occhiali da sole. Ma come cazzo dovrei fare a percepire l'arte mente sgattaiolo tra le gambe e le borse degli altri visitatori per arrivare abbastanza vicino da riuscire a fare una foto centrata e messa a fuoco? Cosa dovrei provare di fronte alla famigerata Gioconda? Al Guernica? Alla Notte stellata? Devo dire woaw mentre faccio la foto? Come ai funerali in cui devo piangere?! e se non piango gli altri pensano che io non soffro abbastanza, e pure io penso che loro soffrano più di me e quindi mi sforzo di piangere finché quasi mi becco un ictus ma almeno riesco a far scendere tre lacrime contate che attestano il prezzo della mia sofferenza? Devo sorridere di fronte ad un quadro? Devo guardarlo o posso solo sorridere? Di certo non posso toccarlo... Che imbarazzo, un uomo che prova a teorizzare l'arte che non sa cosa fare di fronte ad un quadro, che non sa come muoversi in un museo.

La verità è che mi sento male a vedere quelle povere creature sigillate nel loro ruolo di nature morte, di bellezze appese alla parete, non per essere ma per mostrarsi. Mi si stringe lo stomaco quando realizzo che non posso fare nulla fuorché aspettare, e nel mentre educare, per provare a salvare questi poveri prigionieri... Potrei esserci io al loro posto, e camminare tra quella porzione di corpi abbastanza fortunati da tenere il coltello dalla parte del manico mi fa sentire un mostro, uno di loro; come quando allo zoo ti rendi conto che sei come tutti gli altri, un colonizzatore; e sai per certo che chiunque ci sia dall'altra parte del vetro: una foca, una lancia tribale o un Monet, chiunque sia, esso ti guarda e ti vede come vede tutti gli altri: spettatori inermi difronte ad un terrificante spettacolo. Il pubblico che osserva il lavoro del bullo, sia in fase di creazione che a lavoro finito, mentre la vittima sbatte le palpebre tremante cercando qualcuno che reagisca o che gli mostri un po' d'affetto, ma non lo trova.

Ogni essere vivente ha il diritto di vivere e il diritto di morire e nessuno può scegliere per lui quando, come e perché deve morire. La pretesa dell'immortalità delle opere è una prevaricazione prepotente e violenta dell'uomo, o meglio, del mercato sull'arte, del prezzo sul valore. Un'opera dovrebbe essere vissuta a 360° non rinchiusa e distaccata dallo spettatore per evitare che si rovini. Le rovine sono ancora bellissime e ancora al centro dell'attrazione e del turismo nonostante siano distrutte e fatiscenti, anzi c'è qualcosa di straordinario nell'appassimento, nel materiale che invecchia, nell'uva che fermenta e diviene vino. E poi, nella nostra epoca segnata dalla postfotografia non potete convincermi che "però è importante da un punto di vista educativo che tutti abbiano il diritto di vedere le opere d'arte". I bambini palestinesi quando avranno il diritto di vedere la Gioconda? Gli abitanti del terzo mondo? I poveri? La gente di strada e gli "ignoranti"? Una fotografia può fissare un attimo nel tempo e far si che tutti possano ammirarne la bellezza, mentre l'opera concreta vive e muore respirando. 
Anche a me piacerebbe che le opere vivessero per sempre ma non è giusto nei loro confronti. Anch'io vorrei che mia nonna vivesse per sempre, che potesse dirmi ogni giorno quanto sono bello e quanto bene mi vuole, ma purtroppo se ne andrà, come un giorno me ne andrò io, come i più privilegiati se ne vanno tutti, in pace.

Non mi dilungherò oltre, a voi qualsiasi considerazione su tutto quello che si è detto in questi undici articoli.