La muta danza delle lingue

22.07.2024

Il regista Hamaguchi incontra Murakami, gioca con Cechov e costruisce un'altissima riflessione sul potere del linguaggio. Drive my car è un road movie dell'anima, in equilibrio tra vita e rappresentazione, dove le solitudini dei personaggi (un regista, la sua giovane autista, gli attori e le attrici del suo laboratorio teatrale) si sfiorano, si guardano allo specchio, provano a decifrarsi. (con le parole di Far east Channel)

VALUTAZIONE: ★★★★★★★★★★


ATTENZIONE SPOILER

"Così, poco per volta, comincia ad entrare di nascosto a casa di Yamaga, [..] vuole sapere tutto di lui senza che lui sappia nulla di lei"

La CAM segue Yusuke mentre guida la sua macchina rosso fiammante e ripete a sua moglie Oto la nuova parte della storia raccontata poco prima. Oto, dopo aver fatto sesso, come in trans, inventa delle storie che poi riutilizza per le sue sceneggiature, solo che non ricorda nulla di quello che dice e per questo Yusuke è il suo intermediario. 

La macchina è lontana: là sulla strada, e la CAM la segue tenendosi a distanza: non è cosa si vede ma il come si vede e il perché. La CAM è lontana perché Hamaguchi ci dice che non è la vista il senso principale in questo film, ma l'udito. Per questo non conta dove è la macchina, ma si sente chiaramente la storia che lui ripete alla moglie. L'udito, il senso della musica, che suona da sempre e per sempre, l'arte cosmica; a sostituire la vista, il senso del teatro, l'arte primigenia. 

Porta sua moglie a lavoro poi va a teatro: è regista e attore del "Zio Vanja", un dramma di Cechov che recita in diverse lingue: i personaggi, che parlano ognuno il proprio idioma, si comprendono e dialogano come se non ci fossero barriere linguistiche. E si conferma così la centralità della lingua parlata, quindi dell'udito e così dei suoni.

Ha un volo alle nove, dà qualche bacio a sua moglie, sale in macchina e guida fino in aeroporto mentre ascolta la registrazione di sua moglie e lui che provano la parte del "Zio Vanja". Il volo viene cancellato, rincasa in silenzio e, aperta la porta, un vinile gira sulla puntina: suona un pianoforte accompagnato da ritmici orgasmi, gira l'angolo e li vede, lì, nello specchio. Muto si volta ed esce nel frastuono assordante della città. Più tardi, la sera, lei lo videochiama per sapere come va in hotel, ignara di tutto, e Yusuke non le dice nulla. Rientra una settimana dopo, come da programma, guida sempre ascoltando le battute, deve imparare la parte, ma è distratto e viene tamponato. Lei corre in ospedale. Gli trovano un glaucoma all'occhio sinistro in uno stadio iniziale, sembrerebbe curabile (aveva preteso di non vedere la realtà e ora la vista potrebbe compromettersi davvero): "posso continuare a guidare?" chiede Yusuke.

Oto (che significa suoni), una mattina inizia a raccontare la nuova parte della sua storia, si eccita e mentre scopano recita: "Si era proibita di farlo, ma ora non può smettere, piange! Le lacrime bagnano il cuscino, sono quelle lacrime il pegno che lascerà nella stanza. E poi qualcuno entra in casa, si apre una porta al piano di sotto, si accorge che fuori dalla finestra si è fatto buio, sarà Yamaga, suo padre forse, o sua madre. La ragazza sente quella persona salire le scale. E' finita, finalmente lei potrà smettere. Ci siamo, è la fine. Potrà sfuggire al destino della sua vita, l'incidente; la ragazza sarà una persona nuova, la porta si apre" e finisce la storia e anche lei. Nuda in tutti i sensi si avvinghia ad un corpo paralizzato, incapace di esprimere alcuna emozione o di accennare ad alcun movimento.

Questi racconti che sembrano frutto di un delirio o di una fervida creatività radicano in un qualche modo nella verità. La ragazza che infrange il suo limite e non riesce più a smettere è un ovvio parallelo con il suo tradimento. "E poi qualcuno entra in casa" proprio come Yusuke. Chiunque sia entrato in casa (nella storia) sta per scoprirla, e lei pensa: "E' finita, finalmente lei potrà smettere [..] potrà sfuggire al destino della sua vita, l'incidente". La ragazza vuole essere scoperta, vuole essere fermata, ha perso il controllo e ha bisogno che qualcuno dall'esterno intervenga. Ma nella realtà Yusuke non interviene, vede il suo tradimento ma si volta e scappa, si rifiuta di parlarne, e quando vuole essere lei a fare il primo passo, la trova morta. E il trauma raddoppia.

"Yusuke quando torni possiamo parlare?"

La macchina, tema centrale del film, è metafora del movimento se vista da fuori ma anche dell'intimità e del privato se vista dall'interno. La macchina è Yusuke, è il suo spazio e la sua compagna. Questi due personaggi intessono una complessa relazione, proprio come Murakami e Cechov si incontrano nelle mani d'artista di Hamaguchi, e proprio come le differenti lingue si incontrano nell'opera teatrale. Che cos'è la lingua se non movimento? Il movimento è l'uscita dal se, l'uscita dal se è il comunicarsi ad un qualcuno e quindi è lingua. La parola è solo una delle tante lingue che parliamo, la più importante? Forse. La più alta? Probabilmente. La più efficace? Non ne sarei così sicuro, soprattutto oggi che viviamo nelle immagini.

Due anni dopo..

Titoli d'apertura

Viene chiamato per dirigere lo "Zio Vanja" per il Festival Internazionale del Teatro di Hiroshima. Lo staff gli trova una casa ad un ora dagli uffici per le prove, come aveva richiesto, ma, come da regolamento, gli affiancano un'autista di cui non può fare a meno, questo lo disorienta ed indispettisce. Lo portano alla macchina e gli presentano Misaki, la sua autista, che lo fa sedere dietro e lo porta per un giro di prova che termina con l'ok di Yusuke. Ancora ascolta la registrazione della moglie per le battute.

Arriva il giorno del casting e le sorprese sono tre: una candidata muta, il compagno di sua moglie: Takatsuki, e nessun candidato per il ruolo del protagonista: Vanja, che in passato aveva interpretato egli stesso. Per quel ruolo sceglie Takatsuki che andrà quindi nuovamente a sostituirlo, non più a letto ma sul palco, condensando così due problemi in uno. L'attrice muta invece porta un ampia riflessione sulla lingua: all'armonia sonora della poliglossia ora si aggiunge il silenzio, il muto: che si traduce in gesto e successivamente in parola. Il silenzio, nella musica la pausa, è egli stesso un suono, "devi suonare le pause"¹, devi scrivere le pause. "Nello scorrere del discorso, il punto è il simbolo dell'interruzione, del non essere, e nello stesso tempo, è un ponte da un essere a un altro essere"².
Noto con curiosità che la scrittura, fatta di linee e di punti, con la postmodernità è passata dalla grafia alla dattilografia, e così da punti e linee a solo punti: veloci clic su una tastiera che riducono la scrittura ad una pura matematica di puntini.

"Il silenzio è oro"

Il collega, assistente e traduttore, lo invita per cena a casa sua e così si trovano al tavolo, come due coppiette, i padroni di casa: il traduttore e la moglie, l'attrice muta, ormai ufficialmente nel cast; e Yusuke e Misaki, la sua autista. La buona cena è accompagnata da un bel dialogare, tramite i gesti la muta si esprime, il marito traduce e Yusuke come anche Misaki sono portati ad ascoltare. La distanza temporale tra la comunicazione e la comprensione, spezzata dalla traduzione, paradossalmente, stimola l'attenzione e così l'empatia: Yusuke reso più sensibile da quest'esperienza, alla domanda: "come se la cava alla guida?", si sbilancia in gentili e profondi apprezzamenti verso Misaki, che si imbarazza.

Al ritorno chiacchierano per la prima volta in modo intimo. Ora, anche Misaki entra concretamente nel film. Yusuke ha un pomeriggio libero e così le chiede di visitare la città, chiacchierano e si ascoltano: lei si apre e gli mostra le sue ferite.

Poi ha l'occasione di parlare con Takatsuki di Oto e del suo dono di raccontare storie. Resosi fragile Takatsuki confessa la sua incapacità di recitare nel ruolo di Vanja. "Devi arrenderti al testo, rispondergli" gli dice Yusuke, "rispondergli?", "se lo ascolta il testo le fa delle domande, cerchi le risposte".
Parlando di Oto e del tradimento Takatsuki chiede: "E non ha mai pensato di parlarne con lei direttamente?", "La cosa che temevo di più era perderla, rovinare il nostro equilibrio". Qui si dischiude uno dei nodi del film, il timore del movimento, la paura di "rovinare l'equilibrio", di uscire dal sé o in questo caso dal noi, dalla zona confort, dalla macchina. Se Yusuke non vuole uscire dalla macchina, Misaki ci entra, e questo lo turba: deve condividere il suo spazio e non solo, deve lasciare che sia lei a guidare.
Takatsuki si apre con lui riguardo ai suoi sentimenti per Oto e Yusuke, reso sensibile dalla sua sincerità, va poi a sedersi accanto a Misaki, come un amico, un compagno, e non più dietro come su un taxi. Le offre una sigaretta e assieme fumano in auto mentre guidano nel silenzio della notte. Nello stesso momento si rimette a suo agio in se stesso (nella macchina, metafora della sua intimità) e apre se stesso e il suo spazio agli altri, a Misaki, ad un'altra donna.

Takatsuki viene arrestato e Yusuke deve scegliere se cancellare lo spettacolo o tornare nei panni di Vanja, ma non sa scegliere. Parte con Misaki per la città dove è nata, dove casa sua e sua madre sono state seppellite dalla frana. Un giorno intero di viaggio: ha due giorni per decidere che fare con lo spettacolo. Ora che si sta aprendo agli altri e ha iniziato a lavorare sulla sua ferita, Yusuke si sposta verso gli altri, verso Misaki e fisicamente verso la sua ferita: la casa sommersa. Quando arrivano al paese di lei, cala per un attimo l'assoluto silenzio. Si apre lei e poi si apre anche lui: "vorrei tanto rivederla, le urlerei addosso, le chiederei scusa". Ora è il momento di tornare alla sua ferita, e trova la forza di interpretare Vanja.

¹| Karate kid- la leggenda continua  ²| Punto, linea, superficie, Vasilij Kandisky 


I corpi si muovono, nel movimento escono dal sé e si donano all'alterità, popolano lo spazio; poi tornano in se stessi: pronti per muoversi nuovamente. Yusuke deve aprirsi per riuscire ad uscire dal sé, esce e va da Misaki per poi tornare in se stesso e lavorare in modo più sano sulle proprie ferite. Uscire dal sé implica un atto di coraggio o di incoscienza, muoversi significa anche mostrarsi quindi essere visto, essere giudicato; muoversi vuol dire mettersi in discussione, spostarsi, dubitare; muoversi significa fare un passo nel vuoto, rischiare di cadere: nella speranza di scoprire qualcosa di nuovo, di imparare: vivendo, sbagliando. Uscire da se stessi è difficile, muoversi è difficile. Ognuno si muove a modo proprio e ogni volta che si muove, si comunica. Siamo materia al tatto, carne al gusto ed immagini alla vista: immagini che si muovono e quindi parlano, è il teatro della vita.


Non a caso il festival di teatro è quello di Hiroshima, non a caso è proprio lì che si svolge il film. La grande ferita sullo sfondo è quella del Giappone, il film si sposta fisicamente sulla ferita, dentro la ferita e lavora su di essa. Si potrà mai lavorare realmente su quel trauma? Yusuke e Misaki, con il loro, ci riescono, gli è servito tempo e aiuto, e hanno avuto la fortuna di incontrare una serie di persone che li stimola all'apertura, e così la loro sensibilità si dilata. All'inizio Yusuke non vuole un'autista e anche se non lo dimostra fisicamente (non reagisce) è contrariato; allo stesso modo anche con Takatsuki i rapporti partono incrinati: Takatsuki viene associato ad un trauma, e Misaki viene percepita come un intrusa con cui è obbligato a convivere (un po' come con Takatsuki che è l'intruso nel suo matrimonio). Yusuke sceglie Takatsuki per la parte di Vanja, da una parte come riflesso di quest'idea che gli prolifera in testa di essere stato da lui sostituito, dall'altra (ne parla con Takatsuki in auto) non crede, e non è, pronto per affrontare quello che quella sceneggiatura è in grado di scatenare nell'anima.

"Il testo di Cechov sta entrando dentro la mia anima e sta facendo muovere il mio corpo prima bloccato"


"Se pensato in astratto il punto è idealmente piccolo, idealmente rotondo" ⁴ ma "nella sua forma reale un punto può assumere un numero infinito di figure", nella scrittura ne abbiamo alcune che, poste ad insieme, chiamiamo punteggiatura. "Il suono fondamentale del punto è variabile in corrispondenza della sua grandezza e della sua forma", la virgola ha un suono completamente diverso dal punto, sono due pause differenti, così come i due punti ed i punti interrogativo ed esclamativo. Nella calligrafia le forme e quindi i suoni sono molti di più ed il testo assume una polifonia qui (sul computer) irraggiungibile, si colora delle emozioni che vengono impresse attraverso l'inchiostro sulla superficie di fondo.
Un punto è un vuoto, una pausa, ma anche "un piccolo mondo", un punto nel tempo è un momento-luogo ben preciso. Prendersi un momento significa prendersi una pausa, Yusuke prende una pausa, si ferma e "cresce fuori da se stesso, dal proprio centro" spinto anche da "un'altra forza, che non nasce dal punto, ma fuori da esso" che "si getta" su di esso e "lo sposta". Nell'uscita dal punto, "nella distruzione del punto stesso, nasce una nuova entità, la linea". E così Yusuke, come un punto, deve prima accumulare le forze all'interno di sé, poi aspettare che arrivino delle forze dall'esterno per riuscire infine ad uscire, a muoversi.

L'artista, per esempio, funziona allo stesso modo: cerca dentro se stesso un qualcosa e nel farlo si carica di forze, come un punto; poi viene travolto dalle forze di un qualcosa che trova al di fuori di se, grazie alla sua sensibilità, e queste lo spingono fuori dal sé, verso l'altro, verso l'opera e verso il pubblico, o meglio, verso la comunicazione che implica come vettore l'opera e come interlocutore il pubblico. Dal di dentro si apre al fuori e si fa travolgere da esso fino ad uscire egli stesso, pronto a ritornare in se per aprirsi nuovamente e percepire qualcosa di nuovo che di nuovo cercherà di tradurre. 

⁴| tutte le citazioni corsive di questo paragrafo sono prese da Punto, linea, superficie, di Vasilij Kandinsky.

di Ruben Carminati