Bronson
"Il mio nome è Charles Bronson e per tutta la vita ho cercato di diventare famoso"
Charlie Bronson racconta da un palco la sua vita: la storia del detenuto più pericoloso d'Inghilterra. La sala è piena, probabilmente nessuno voleva perdersi un occasione del genere: uno degli uomini più pericolosi e aggressivi d'Inghilterra che fa stand up comedy raccontando di sé e della sua lunga lotta per diventare famoso. Oppure è semplicemente un grande attore.
Dopo un susseguirsi di bravate giovanili che sfociano anche troppo velocemente nella violenza gratuita ed incondizionata, Michael viene incarcerato per la prima volta e dice di sentirsi come a casa, anche meglio, gli pare una stanza d'albergo: "Per me la prigione alla fine era un luogo dove mettere in mostra il mio talento, migliorare le mie abilità, il mio campo di battaglia. Era un opportunità, era il posto dove presto tutti avrebbero conosciuto il mio nome". "Il problema è che quando ti trovi bene in un posto loro cercano di darti fastidio ogni volta, [..] ti spostano da una prigione ad un altra ed io li odiavo per questo". Lo spostano di prigione in prigione, da quella con un ottima cucina a quella più antica e storica, passando per quella con il personale migliore e chissà cos'altro, finché non lo internano in manicomio. Per fuggire tenta l'omicidio, non gli riesce e per questo lo chiudono 26 anni in isolamento: ne esce il prigioniero più famoso e più costoso d'Inghilterra. Il suo unico sogno si è realizzato.
VALUTAZIONE: ★★★★★★★★☆☆
Un ottimo lavoro di Refn, dei suoi è uno dei miei preferiti; solito protagonista silenzioso, solita violenza che culla l'intero film, solita colonna sonora di synth anni 80'. Bronson si differenzia per, 1| la performance di Tom Hardy che direi magnifica, piena di espressività e di repentini cambi di umore o personalità; e 2| il tema, che approfondisco di seguito.
La violenza
"Ecco, come faccio a spiegarvelo? Non c'era niente che non andava nella mia educazione, i miei genitori erano onesti cittadini, erano rispettati dalla nostra comunità. Andavo a scuola e cercavo di non deluderli ma.." a casa torna sempre, prima col preside e poi scortato dai poliziotti. "Ma non ero cattivo. Non ero poi così cattivo, avevo ancora i miei principi".
La cattiveria, o meglio, la violenza indisciplinata e gratuita è il tratto caratteristico di un interessante figura della tradizione teatrale inglese: Punch,
Una marionetta del teatro dei burattini che deriva dalla maschera italiana di Pulcinella. Punch, del duo Punch and Judy, è una figura che origina dal giullare e che crea poi il Clown per come lo conosciamo oggi. Punch era un personaggio estremamente aggressivo, violento ed impertinente, che per un errore del caso riusciva sempre a sfuggire alle giuste punizioni. Charlie è un po' una rivisitazione in chiave moderna di Punch, Charlie che ricordo è veramente esistito ed è tuttora vivo, in prigione, ma vivo. Il passato: storia, antropologia e folklore, ha una forte incidenza sul presente, tanto che una maschera teatrale prende vita in un ragazzo dal "carattere vivace" come direbbe la mammina.
E tra il teatro sullo sfondo culturale e il teatro con cui si racconta al pubblico, in mezzo sta il grande teatro della vita. E la prigione è decisamente il palco perfetto per portare in scena il suo spettacolo, senza compromessi, senza mezzi termini: la violenza.
C'è un intrigante elemento che caratterizza sia l'atto artistico che la rissa, in Charlie: per entrambi tende a denudarsi e a pitturarsi il corpo. Inizialmente, per le risse, si copre di crema, di oli, non so bene per quale motivo; poi passa alla pittura nera mentre cerca di dare forma al suo "altro io". A cui seguirà il trucco per lo spettacolo e il denudarsi metaforico del raccontare la propria storia pubblicamente.
Un qualsiasi essere vivente a cui è stata tolta la libertà cercherebbe di riprendersela, Charlie non può certo uscire di prigione, non che questo fosse il suo obiettivo, ma cerca di sentirsi libero in altri modi, per esempio denudandosi. Nudo ovviamente è più agile nei movimenti (e questo aiuta se devi fare a botte con cinque o sei celerini) ma perché dipingersi? Perché cospargersi il corpo di oli, creme, vernice o trucco e costume? Centra qualcosa il travestitismo? Possiamo parlare di un corpo trans-sessuale?
"Molti uccelli nel tuo lavoro Charlie", "beh, in realtà non riesco a vedere altro se non uccelli e sbarre"
"Non riesco a vedere altro se non uccelli e sbarre". Vivendo in prigione Charlie effettivamente non ha molto da cui trarre ispirazione, vive dietro le sbarre, in un mondo dove il femminile quasi non esiste: solo uomini, tutti uomini, tanto che il maschio diventa la prassi e l'attenzione va oltre. Se tutti sono uomini allora: tu, che uomo sei? Che diventa velocemente: tu, chi sei? (l'uomo si elide, viene dato per scontato) E io da esterno mi interrogo: che cos'è un uomo? Solo un uccello?
"Non riesco a vedere altro se non uccelli e sbarre". Lui stesso è un uccello in gabbia, e pure il suo uccello è in gabbia, e gabbia qui assume varie accezioni: è quotidianamente in gabbia nelle mutande, è in gabbia non potendolo utilizzare per l'atto riproduttivo, ed è in gabbia perché gli unici modi con cui potrebbe usarlo (masturbazione e sesso omosessuale) gli sono imposti dal bisogno naturale fisiologico e psicologico di liberare gli impulsi, non per sua attitudine naturale.
Se l'uccello è in gabbia nelle mutande e lo si "libera" normalmente per svuotare la vescica o i testicoli, quindi rilasciare un fluido, denudarsi e liberare l'uccello, seguito dal perdere sangue facendo a botte, è il solo modo per ritrovare un attimo di libertà e di normalità. La violenza stessa è un surrogato del sesso, sfoga gli impulsi di morte sugli altri e solitamente è dettata da un'attrazione fisica, diretta o indiretta, e quindi sfoga anche una parte di impulsi libidici. Questi due tipi di impulsi, che albergano nell'es, sono regolatori dell'equilibrio psichico e quindi fisico delle persone, perciò è naturale (e sano) fare regolarmente sesso e attività fisica. La violenza potremmo collocarla a metà tra queste due attività, ed è, a dirla tutta, una delle lingue preferite dall'essere umano. "Per me la prigione alla fine era un luogo dove mettere in mostra il mio talento", ovviamente si parla della forza ma, vista la prassi del denudarsi, forse si parla anche di un altro talento che ama mettere in mostra. E' importante per Charlie che si veda che è un uomo, si identifica nel suo talento e non potendo liberarsi, libera lui, lascia che sia libero.
In fondo Charlie vuole solo diventare famoso, essere da tutti osservato ed idolatrato, e per farlo si mette in mostra, esibisce i suoi talenti che lo certificano come uomo, la violenza e l'uccello. Non è realmente cattivo, la violenza è solo una maschera, una finzione. Bisogna mostrarsi uomini, forse perché si ha paura di non esserlo abbastanza. La violenza è teatro.
di Ruben Carminati