Anatomia di una caduta
Una lenta dissezione sul tavolo dell'obitorio di un matrimonio accidentalmente deceduto.
Sandra Voyter è una madre, una moglie e una scrittrice di talento; siede nel salotto con una laureanda che raccoglie materiale per la tesi quando la musica ad alto volume di Samuel, il marito, interrompe e rende impossibile continuare l'intervista. La ragazza se ne va e si danno appuntamento in un futuro prossimo, la musica non si ferma ma l'atmosfera sembra acquietarsi. Daniel, il figlio, esce con il cane per una passeggiata e al ritorno trova il padre morto spiaggiato nella neve. Come è successo? Chi è stato? Perché è successo?
VALUTAZIONE: ★★★★★★★★☆☆
Justine Triet ci coinvolge fisicamente in una minuziosa e chirurgica dissezione del matrimonio di Sandra e Samuel, come giudici e giuria, pubblico e testimoni, non delle modalità di dissezione ma della rivoltante essenza delle interiora di una relazione. Un lungometraggio audace che unisce noir e drama con una regia che gioca sulle contrastanti emozioni dei singoli personaggi e che lascia lo spettatore incapace di schierarsi obiettivamente, obbligandolo a fare una scelta.
Daniel e l'udito
Il perno della famiglia, e chiave del processo, è il figlio Daniel che, a causa di un incidente, a quattro anni lacera il nervo ottico e rimane ipovedente. Prima di procedere con la riflessione fermiamoci un attimo e proviamo ad immedesimarci: cosa succede se domani esco di casa e torno privato della vista, o comunque con delle serie difficoltà nel vedere che gli occhiali non possono correggere? Quali disagi ne derivano? Risulta ovvio che si impone un cambio di paradigma, prima vedi poi no. Il corpo si deve adattare: gli altri sensi vengono stimolati e compensano più o meno le mancanze formatesi dall'assenza o diminuzione della vista. E' qui che l'altro grande organo di senso prende il sopravvento: l'udito. Daniel si serve del tatto per orientarsi e quindi muoversi, ma per vivere, quindi socializzare, non potendo vedere deve sentire. Assume una nuova centralità la parola, la parola detta, pronunciata, il suono, il fonema. Daniel è figlio di due scrittori e condivide con loro l'amore per le parole, ma a differenza del figlio Sandra e Samuel vivono di parole scritte, mute, pensate.
Sandra è tedesca, Samuel è francese, vivono in alta montagna francese e parlano Inglese. Un punto di incontro dice lei, un'imposizione dice lui. Samuel, che è scrittore e insegnate, che nel momento prima dell'incidente stava isolando la soffitta, che quando lavora ama ascoltare la musica ad alto volume ed isolarsi dal mondo, è una persona che tende a chiudersi, portarsi dentro i pesi e i fastidi e che poi esplode infuriando e autolesionandosi. Sandra, che è scrittrice e traduttrice, che parla tre lingue, che è bisessuale e che convive con un tumultuoso rapporto con la monogamia, è fredda e impassibile, si adatta alle situazioni, ai litigi, interpreta, tende ad astrarsi dal discorso per poi scoppiare in atti anche violenti quando si sente infine emotivamente coinvolta. E' buffo come due scrittori, una molto prolifica e l'altro con forti blocchi, sentano il bisogno di sfogarsi tanto tra urla e accuse, non dovrebbe essere la scrittura il vettore più adeguato, e anche redditizio a questo punto?
Il nodo si ingarbuglia e poi si scioglie attorno a Daniel che, in qualità di ipovedente, ha sviluppato una forte memoria uditiva. L'udito, il suono è la chiave per leggere il film: la laureanda intervista Sandra e registra la conversazione, la stessa viene interrotta da una violenta musica ad alto volume che rende impossibile sentire, parlare e registrare. Daniel suona il piano, e tutta la colonna sonora gira attorno a questo. I periti e la polizia chiedono a Daniel, unico possibile testimone, di ricordare cosa ha sentito, dove l'ha sentito, quando l'ha sentito. Se nessuno ha visto come è morto Samuel, bisogna ricostruire la situazione e per quanto le ipotesi, l'immaginazione e le prove costruiscano un quasi ottimo caso di omicidio e un possibile caso di suicidio, è solo la memoria di Daniel che può dischiudere il nodo giudiziario. Che cosa ha sentito Daniel?
di Ruben Carminati